Archive for dicembre, 2011

Auguri + incontro 24 gennaio 2012

 

Conoscere una donna è titolo paradossale, contraddetto dall’intero romanzo che ne racconta l’impossibilità.

Amos Oz sceglie una storia che è viaggio a ritroso privo di approdo, in cui la narrazione sembra procedere senza meta alcuna, in un rimuginare solitario che non svela e non spiega, contorcendosi in un groviglio di flashback cui il protagonista ritorna ciclicamente con l’ossessione di chi ricorda per capire.

Conoscere una donnaLa morte di Ivria spalanca un baratro sotto i piedi di Yoel che scopre un’estranea nella donna che aveva sposato, perché viversi accanto non significa conoscersi. Ed è constatazione amara che punisce e disorienta e mortifica arrivando sarcasticamente a ridicolizzare quella flemma, quella lucidità e quell’acutezza dello sguardo, ferri del mestiere di chi per anni era stato “un agente segreto. Una spia. Un assassino autorizzato dalla Bibbia”.

La memoria diventa terreno d’indagine, mentre la quotidianità si svuota di senso, risolvendosi nella ripetitività di gesti pigri e lenti a punteggiare uno stanco sopravviversi. Le tisane mute al tavolo della cucina con la figlia immersa nel suo immancabile libro, le uscite in barca con Arik, i piccoli lavori di irrigazione e potatura nel giardino di casa, le commedie in cassetta viste dai vicini, le notti con Annmary, sono solo ingranaggi di una routine che scandisce il vuoto amplificando lo smarrimento. Yoel ripensa ad Ivria, alle sue abitudini, alle sue frasi, alle liti, alle accuse che lo volevano responsabile del male di Neta, al loro amore a fasi alterne come la luna: crescente di passione quando, estranei, la prima volta si erano amati fino a farsi male, calante a seguito di silenzi e ombre e assenze.

Ripensa al suo “ti capisco” rimasto sterile di confronto e finisce col chiedersi che cosa avesse voluto dire. Che cosa avesse capito. “Quanto si assomigliassero, e quanto fossero diversi i segreti della gente”. Tuttavia Ivria resta per lui un mistero e benchè “la domanda su cosa sapessero veramente le persone l’una dell’altra, e in particolare le persone vicine, fosse stata sempre importante per lui, è adesso che diventa urgente”.

Gli anni di appostamenti e di interrogatori si rivelano inutili a capire l’essenza della donna che ha scelto come sposa ed è il vuoto generato dalla scomparsa a porre l’accento sulla distanza incolmabile verso colei che avrebbe invece dovuto essergli più prossima di chiunque altro. Amos Oz sembra schernirlo col suo curriculum da spia, quasi a sottolineare che conoscere intimamente sia missione più ardua che operare in qualità agente dei servizi segreti israeliani in lungo e in largo per cinque continenti, tra nomi in codice, trattative riservate e attentati da sventare. Ancora una volta, quindi, l’autore ci consegna personaggi fragili, spigolosi, deboli.

Resi perfettamente nella loro complessità di esseri umani in bilico tra giusto e sbagliato, passato e presente, consapevolezza e assoluta ignoranza, aspirazioni e cruda realtà. Ancora una volta il fascino delle sue donne passa per l’ambiguità, il segreto, l’inaccesibilità dei loro sentimenti. E il romanzo è lente d’ingrandimento sulle contraddizioni volontarie e non del vivere stesso. Senza un ritmo cadenzato che scandisca la narrazione, senza una vera e propria trama nell’accezione classica del termine.

Le pagine si perdono nel gorgo dell’autoanalisi di Yoel e non c’è punto d’arrivo. Rispecchiano la frammentarietà dei suoi ricordi e il disorientamento di una ricerca che non consegna verità. Perché “il cuore – dice Geremia nel versetto 17,9 – è ingannevole più di ogni altra cosa e inutilmente maligno; chi lo conoscerà?

Angela Migliore, gennaio 2009

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Amos Oz

Amos Oz

è nato a Gerusalemme nel 1939. A quindici anni, è andato a vivere in un kibbutz. Ha studiato filosofia e letteratura all’Università Ebraica di Gerusalemme ed è stato visiting fellow all’Università di Oxford, author-in-residence all’Università Ebraica e writer-in-residence al Colorado College. È stato nominato Officer of Arts and Letters of France. Autore di narrativa per bambini e adulti, saggista, è stato tradotto in molte lingue e si è conquistato una fama internazionale. Ha ricevuto il premio francese Prix Femina, il Frankfurt Peace Prize nel 1992 e i premi Catalunya e Sandro Onofri nel 2004.

Amos Oz, “Conoscere una donna”, Feltrinelli, Milano, 2007 (ottava edizione). Traduzione dall’ebraico di Alessandro Guetta. Titolo dell’opera originale: “To know a woman”, 1989. Pp. 253 (La prima edizione italiana è stata pubblicata da Ugo Guanda Editore, Parma, 1992.) Angela Migliore, gennaio 2009

Marco Severini – 11 dicembre 2011

 

Risorgimento “minore”

Dall’esilio svizzero di Mazzini alle Cinque Giornate di Milano, dalla Repubblica romana fino ai primi decenni postunitari, il volume racconta vicende a vario modo esemplificative dei principî, degli ideali e delle aspirazioni che animarono uomini e donne nell’età del Risorgimento.
Nel 1982 Sandro Pertini, il Presidente della Repubblica più noto del Novecento italiano, scrisse che l’inno di Mameli “è e sarà sempre l’inno nazionale italiano”. La vicenda dell’inno di Mameli – contestato, criticato eppure rimasto al suo posto da oltre 60 anni – è un po’ quella di tutto il Risorgimento, che è stato a lungo dimenticato a vantaggio di nuovi orizzonti di studi, ma è rientrato con forza dalla finestra in occasione di quest’anno in cui si ricorda il 150° anniversario dell’Unità d’Italia.

Piccolo, profondo Risorgimento

Eppure, come sostiene Marco Severini nella sua ultima fatica, “Piccolo, profondo Risorgimento” (Liberilibri, Macerata 2011, pp. 192), di vicende dimenticate nel Risorgimento continuano ad essercene fin troppe. Ben venga dunque la ricerca, anzi le ricerche, su tutto ciò che riesce a catturare l’attenzione dei lettori su quei processi di memoria di un passato da cui tutti noi, più o meno, veniamo.
Il libro si snoda attraverso percorsi differenti che mettono a fuoco problemi tipici non solo dell’Italia che fu, ma di quella che è: un’educazione sempre più labile; la preoccupante carenza di morale e di senso del dovere negli italiani; il problema della partecipazione politica e civile; il ruolo propositivo delle donne; la difficoltà di studiare la storia e di farla percepire non già come un informe matassa di nozioni, ma in quanto consapevole riflessione su di un passato comune e travagliato.
Questo e molto altro si trova in un libro agile e scorrevole che si apre con l’elaborazione del pensiero politico mazziniano e si chiude con l’avvincente storia di Cristina Trivulzio di Belgioioso, colei che Carlo Cattaneo definì “la prima donna d’Italia”, per l’amore inesausto e disinteressato con cui si votò alla causa dell’unità e dell’indipendenza italiana.
L’intento è quello di fornire da un punto di vista diverso un quadro preciso della storia contemporanea, stimolando una riflessione costruttiva sul filo rosso che collega l’oggi al nostro passato.

Incontro: domenica 11 dicembre 2011 ore 16.30 Sala Consiliare Comune di Monte Porzio (PU) Viale Cante, 10

Marco Severini Insegna Storia della Storiografia all’Università di Macerata. Presiede l’Associazione di Storia Contemporanea ed è autore di numerose pubblicazioni, fra cui Armellini il moderato, La rete dei notabili, Nenni il sovversivo, Le storie degli altri e La Repubblica romana del 1849

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Alberto Lupo legge Kipling “SE”

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Arnoldo Foa legge Leopardi

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