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Incontro 15 gennaio 2013
Incontro del gruppo di lettura presso la Biblioteca Comunale ore 21.00, P.zza Garibaldi 3, primo piano.
La donna che leggeva troppo di Bahiyyih Nakhjavani
Nella Persia del 1800 Tahirih Qurratu'l-Ayn è diversa da tutte: nata in una famiglia benestante, è cresciuta "come un uomo", libera di studiare e imparare. Bellissima, sensibile e curiosa, scrive poesie e discute di politica, proclama la dignità delle donne. La sua fama di poetessa e ribelle ("strega e puttana" per chi ne ha paura) è ormai diffusa in tutto il Paese quando, accusata di omicidio, fugge, tenendo in scacco la polizia dello Shah come se potesse prevederne le mosse. E quando infine viene catturata – dopo aver osato, nell'attimo che la consegna alla Storia, togliersi il velo in pubblico – il suo fascino e la sua saggezza confondono i persecutori, scatenando l'amore dello Shah e l'ira funesta di sua madre.
Qualche notizia in più che puo' aiutare nella lettura di questo romanzo (sintesi di diverse informazioni reperite nel web).
“Non saper leggere e scrivere non è altro che paura. Lei voleva che fossimo senza paura, che vedessimo con i nostri occhi, sentissimo con le nostre orecchie e leggessimo da sole i libri della Creazione e della Rivelazione. Ci insegnava a correre rischi”.
La “donna che leggeva troppo”, indicata nel titolo di questo affascinante romanzo, altri non è che una poetessa persiana realmente vissuta nel XIX secolo. Anche se nel libro il suo vero nome non viene mai citato, così come non viene citato nessuno dei nomi dei personaggi coinvolti, la donna in questione è Tahirih Qurratu'l-Ayn, nata a Qazvin, Persia settentrionale, nel 1817. Educata dal padre, il mullah Haji Mulla Ali' Salihi, in maniera rigorosa ed attenta, Tahirih Qurratu'l-Ayn era bella e terribilmente intelligente. Tahirih, o la poetessa di Qazvin, come viene chiamata nel romanzo, sapeva scrivere e, soprattutto, sapeva leggere ed interpretare il Corano. Una dote straordinaria in considerazione del fatto che allora alle donne persiane non era permesso ricevere alcuna istruzione, d'altro canto anche il numero degli uomini capaci di leggere e di comprendere la scrittura sacra erano pochissimi.
Tahirih Qurratu ‘l-Ayn viene strangolata brutalmente da un gruppetto di soldati ubriachi, e, secondo il suo volere, gettata in un pozzo e ricoperta di sassi. Contemporaneamente, a Teheran, la Madre dello Shah ordina massacri in tutta la città: migliaia di cadaveri assassinati diventano il capro espiatorio dopo che alcuni fanatici religiosi hanno tentato di uccidere lo Shah.
La poetessa di Qazvin aveva un potere straordinario, oltre che tanto semplice e puro da sembrare più che umano: non aveva paura di dire la verità e di cercare di insegnarla, in un tempo in cui il potere si serviva di torture e pubblici massacri per soffocarla. E, in quanto donna, era ancora più osteggiata, se pensiamo che la nascita di una femmina era considerata tragedia maggiore che la nascita di un bambino morto. La Madre dello Shah la detesta, la disprezza, ma il popolo, in particolare quello femminile, si innamora di lei.
Imprigionata nella casa del primo notabile, offerta allo Shah proprio per diventare un carcere, conquista in poco tempo l’affetto di tutte le donne di casa e poi anche quello delle vicine, delle amiche. Insegna loro a leggere e a scrivere (capacità inaudite per una donna del tempo), a conoscere se stesse, a vedersi per quello che sono veramente, a cancellare dalla loro mente l’immagine di marito-padrone come unica possibile scelta di vita onesta. Le ipnotizza con il suo fascino umile, vede dentro i loro cuori ed esse scorgono nelle sue parole, nei suoi versi una verità che è sempre stata dentro di loro, ma che non sono mai state in grado di comprendere, tanto meno di mostrare all’esterno. “Tutti sembravano stregati da quella voce color di rosa che fluttuava nell’aria. Tutti erano ebbri del vino delle parole della poetessa di Qazvin”.
Ma perché la poetessa è stata messa in carcere? Ufficialmente è accusata dell’omicidio dello zio, un mullah; il delitto, tuttavia, era già stato rivendicato. È chiaro che la poetessa è condannata per la sua intelligenza, fastidiosa sia per il marito e cugino, sia per il mondo religioso. L’imprigionamento della donna scatena dispute nel paese, tra lo Shah, affascinato dalla sua figura, la Madre, che la vorrebbe solo vedere morta, il marito, che la vorrebbe giudicata dal tribunale ecclesiastico. Le donne erano punite dalla legge solo in caso di adulterio o di omicidio; anche se innocenti, a volte venivano uccise e massacrate dai familiari senza che essi subissero alcuna punizione, ma ufficialmente potevano essere condannate a morte solo per omicidio volontario o per infedeltà. Inoltre, una donna doveva essere colpevole di povertà per poter essere accusata di uno di questi due crimini: donne ricche o nobili venivano raramente punite. L’unico altro modo per guadagnarsi la morte era l’apostasia, ossia la rinuncia volontaria alla propria religione, che poteva essere giudicata solo dal tribunale ecclesiastico; in questo caso la donna deve anche dimostrarsi refrattaria al pentimento e dimostrare di aver invitato altre persone a seguire la sua via. L’ambiguità di questo mondo risulterà dall’indecisione di chi tiene in mano il potere su come punire questa donna così rivoluzionaria e coraggiosa, e dal macabro finale di questa vicenda.
Il romanzo si divide in quattro parti diverse. Ognuna di esse è affidata alla voce di una donna. Tutto il libro, infatti, può essere letto come un unico “canto” femminile. E' senza dubbio interessante e coinvolgente notare le similitudini tra il mondo islamico persiano di allora e il mondo islamico iraniano di oggi.
La Nakhjavani mette in atto un meccanismo narrativo sicuramente molto particolare attraverso il quale si sposta avanti ed indietro lungo la linea del tempo senza rispettare alcuna consecutio. Ci racconta alcuni degli episodi salienti e, attorno ad essi, fa ruotare tutte le volte che vuole e come vuole molti altri momenti del romanzo. Questa scomposizione e ricomposizione narrativa può risultare intrigante ed avvincente anche se più difficile. Chi è abituato ad una linea di lettura unica e nitida, troverà una certa difficoltà a seguire le peripezie scrittorie della Nakhjavani che risulta un po' faticosa.
Il personaggio della poetessa di Qazvin, ricostruito e restituito da “La donna che leggeva troppo”, è sorprendente e rivoluzionario. Una donna dotta e intelligente che viene uccisa, a soli 36 anni, perché giudicata eretica e le cui poesie sono tuttora proibite nella sua terra natale. Una vita e una morte che hanno consegnato Tahirih Qurratu'l-Ayn alla leggenda eppure la bella poetessa potrebbe divenire fonte di ispirazione per le donne iraniane contemporanee.
Per concludere un documento molto interessante.