Incontro 29 aprile 2014
Incontro del gruppo di lettura presso la Biblioteca Comunale ore 21.00, P.zza Garibaldi 3, primo piano.
Pholomena di Martin Sixsmith
Quando Martin Sixsmith, noto giornalista in cerca di nuova occupazione, accetta di incontrare quella donna sconosciuta, non ha molte aspettative. Ma poi, la donna lo invita a indagare sul segreto che, dopo un riserbo di quasi cinquant'anni, la madre Philomena le ha svelato, e il suo istinto da giornalista non sa tirarsi indietro. Philomena è poco più che una ragazzina quando rimane incinta. È giovane e ingenua, senza cognizione dei fatti della vita e la società irlandese del 1952 la considera ormai una "donna perduta". Rinchiusa in un convento, poco dopo darà alla luce Anthony. Per tre anni si occupa di lui tra quelle mura, fino a quando le suore non glielo portano via per darlo in adozione, dietro compenso, a una facoltosa famiglia americana, come accadeva in quegli anni a migliaia di altri figli del peccato. Non c'è stato giorno da allora in cui Philomena non abbia pensato al suo bambino, senza mai abbandonare il sogno di ritrovarlo, e cercando in segreto di rintracciarlo. E senza immaginare che, dall'altra parte dell'oceano, anche suo figlio la sta cercando. Nella sua ricerca, Martin porterà alla luce segreti, ipocrisie e soprusi occultati per anni e annoderà le fila di due anime separate alla nascita e spinte l'una verso l'altra da una sete d'amore inesauribile.
Commento di V.G.
Un altro “peccato” si aggiunge alla fitta schiera di abominevoli colpe della Chiesa irlandese: non solo pedofilia ma anche mercato di orfani.
Ecco il prodotto di quel moralismo bieco ed unilaterale che condanna le ragazze madri all’esilio dal consorzio umano nella cattolicissima Irlanda tra gli anni ’50 e ’80. Lo si apprende con sgomento leggendo Philomena, assieme ad altre numerose e sconcertanti rivelazioni circa le conseguenze umane, psicologiche e sociologiche di quella violenza sulle donne che altre donne hanno esercitato.
C’è da chiedersi quanta consapevolezza avessero del male che stavano facendo queste “spose di Cristo” quando cedevano i figli di queste giovani donne, ad esse negati, a chi fosse in grado di fare una cospicua donazione al convento.
Come brave soldatesse obbedivano alle disposizioni di un vescovo pedofilo a cui lo stato e la politica non riuscivano a strappare il monopolio di questo incredibile commercio ed a porvi rimedio con soluzioni alternative.
Erano per lo più ricche famiglie americane quelle che “acquistavano ” i figli delle povere ragazze irlandesi colpevoli di aver amato fuori dal matrimonio, debolezza che doveva rimanere segreta, come il suo frutto, per l’onta che avrebbe recato alla sventurata ed alla sua famiglia.
Le suore le accoglievano nei locali attigui al convento adibiti allo scopo, le facevano partorire e quindi si assicuravano che il bimbo finisse nelle mani di una famiglia benestante e cattolica. Al riguardo si esigevano documenti che lo comprovassero.
Se la famiglia della ragazza era in grado di pagare il servizio reso la donna poteva tornarsene a casa e non essere costretta a lavorare per le suore, quasi in condizioni di schiavitù, per tre anni, periodo durante il quale si occupavano anche del proprio bambino assieme alle altre, ma nel più assoluto silenzio e rigoroso anonimato.
Fu così che Philomena non ebbe il “privilegio” di dimenticare il suo bambino da cui non voleva separarsi. Lo amò oltre ogni misura, stabilendo con lui una relazione così profonda e dolorosa che sopravviverà per tutta la vita e che permetterà a madre e figlio, entrambi nostalgici di quel legame così radicato, di farli ricongiungere in qualche modo proprio là dove era avvenuto il crudele strappo. Strappo che non era riuscita ad evitare, vuoi per l’inganno delle suore che l’avevano obbligata ad una rinuncia scritta, vuoi per l’impossibilità sociale ed economica di accogliere il bambino in una famiglia sua.
Ma questo fu solo l’inizio, e pare costituire quasi un pretesto per parlare d’altro, altri scabrosi argomenti che costituiscono il corpus centrale del libro, altri scheletri in altri autorevoli armadi…
La famiglia adottiva che porta Antony oltre oceano assieme a Mary, l’altra bambina che con lui era cresciuta, si preoccupa così tanto della salute e della normalità fisica dei bambini, quanto poco di ciò che si agita nel loro cuore. Cambiare il nome del piccolo da Antony e Mike dovrebbe dare il colpo di grazia a quel distacco forzato, ma in realtà lo rende ancor più traumatico e contribuisce a creare in lui un grande senso di alienazione, la sensazione di trovarsi sempre “fuori posto”, la quale lo ossessionerà tutta la vita.
Mentre la madre adottiva è amorevole e positivamente sostitutiva il padre Doc è quanto di più odioso possa esserci: autoritario, ambizioso, perbenista, incapace di comprendere anche i propri figli naturali e pronto solo a giudicare. Egli rappresenta in modo esemplare il classico borghese americano reazionario e razzista, che pensa solo al benessere economico ed a fare bella figura tra coloro che contano.
Ha amici altolocati tra le file del Partito Repubblicano e, pur non volendolo, Mike finisce per incarnare i sogni del padre adottivo. Tra scontri violenti e crisi di coscienza il bisogno di Mike di essere accettato ed amato , per lui che vive nella costante ossessione di essere stato rifiutato dalla madre biologica, come gli è stato raccontato, finisce per cucirgli addosso una vita che non gli appartiene, piena di sensi di colpa, nati dalla convinzione di essere stato abbandonato a causa della sua cattiveria.
E’ desideroso di compiacere la sua famiglia a cui sente di dovere molto, perciò eccelle negli studi e si piega ai desideri del padre, fino a quando riesce a tacitare la sua coscienza.
Ha una personalità esuberante ed intraprendente: canta, suona, recita e fa velocemente carriera negli ambienti universitari e della politica, ricoprendo ruoli carichi di prestigio che interpreta più per ambizione che per convinzione, specializzandosi, una volta diventato avvocato, in una materia fuori dal comune, in cui eccelle diventando insostituibile e ricercatissimo.
E’ all’interno del Partito Repubblicano che esercita la sua attività forense, lavorando prima per Ronald Regan e poi per Bush, di cui non condivide la politica reazionaria e tuttavia intenta cause contro il Partito Democratico di cui smaschera i brogli elettorali a partire dalla costruzione strategica dei collegi elettorali.
Ma nonostante i successi Mike è profondamente inquieto. Per scaricare la tensione di quella finta rappresentazione di se stesso sente il bisogno di ubriacarsi, di frequentare locali equivoci e di stordirsi, liberandosi della maschera ed esprimendo la sua vera natura.
E’ così che si scopre omosessuale, cosa di cui aveva già sospettato lo psicoanalista a cui era stato mandato da Doc. Verità questa che non sarà mai conclamata all’interno della famiglia né espressa con atteggiamenti inequivocabili, tranne che con pochi amici, nell’ambito della sua dimensione lavorativa.
Per molti anni Mike nasconderà il suo segreto e vivrà la verità del suo corpo nella sua dimensione più oscura e trasgressiva, frequentando gli ambienti della pornografia e della prostituzione, i locali delle periferie urbane dove i gay possono dare libera rappresentazione dei propri eccessi, in un’ostentazione della propria dimensione erotica che si tinge spesso di violenza e di perversione.
E qui anche Mike trova il suo spazio e si trasfigura, portando al massimo la sua eccitazione anche con travestimenti, in rapporti fugaci e spesso brutali, che confermano l’opinione di un se stesso sporco e cattivo, ma di cui sente la necessità liberatoria, anche perché non ci sono ancora, negli anni ’70-’80, vie ufficiali per vivere l’amore omosessuale.
E, come ben sanno i gay che non hanno ancora fatto coming out, la finzione ha il suo prezzo.
Quella doppia vita, se da un lato è fonte d’eccitazione, dall’altro consuma le energie di Mike per la tensione di dover sempre fingere, di vivere costantemente le proprie pulsioni nascondendole alla riprovazione degli ambienti omofobici in cui lavora.
A poco a poco matura dentro di lui l’urgenza di un compagno stabile; ne avrà più di uno ma non riuscirà mai a vivere la relazione alla luce del sole, abbandonando i suoi compagni probabilmente per la vecchia paura di essere a sua volta abbandonato.
Mentre la sua vita sentimentale è a pezzi la carriera raggiunge mete sempre più elevate. Come tutti coloro che fanno del successo , del denaro e della fama la meta principale della propria vita, anche Mike finisce nel vortice del potere a cui sembra vendere la propria anima.
E’ stordito dalla ricchezza e dalla benevolenza che suscita tra le alte sfere del Partito Repubblicano che lo ricopre di stima e sembra non possa fare a meno di lui. Mike è completamente appagato. Finalmente sente di aver trovato una famiglia, di appartenere a qualcosa. Eppure….
Eppure qualcosa suona stonato dentro di lui. Non è ancora perfettamente al proprio posto. Si chiede chi sia veramente, dov’è la sua vera casa, la sua vera madre. L’inquietudine raggiunge i massimi livelli quando subisce un rimprovero, quando il successo non è pieno e la competizione lo carica d’adrenalina, quando il suo compagno pretende troppo da lui.
Allora fugge. Prende su zaino e completo in pelle con borchie di metallo, sale in moto e raggiunge i luoghi della perdizione, del sesso senza amore o a pagamento, pronto a farsi ammazzare di botte da chi odia le checche.
Qui può vivere la sua rabbia ed il suo dolore sordo ed inspiegabile, qui può abbruttirsi fino ad essere ciò che crede di essere: cattivo dentro ed immeritevole di pace, di gioia , di normalità.
E cattivo lo è doppiamente perché, pur occupando posizioni di potere, sembra amare più quel mondo omofobico che le rivendicazioni del mondo gay, che rinnega continuando a fingere.
E’ brillante ed amabile tanto negli ambienti della politica, in cui intrattiene, organizza feste, accompagna mogli di presidenti ad eventi mondani (Nancy, la moglie di Regan), quanto nella casa di campagna che dividerà con il suo ultimo compagno, in cui si raduneranno durante le festività centinaia di omosessuali per godere della sua ospitalità senza limiti di sesso, di orari, di alcol, di droghe.
Intanto il virus dell’ H.I.V., non ancora pienamente conosciuto ed esplorato, sta mietendo migliaia di vittime nel mondo dei sodomiti. La paura aleggia e cresce assieme alla volontaria noncuranza del Partito Repubblicano che, assecondando la sua ala destra più retriva legata alla Chiesa, è ben felice di lasciare i sodomiti al loro destino, non finanziando alcuna ricerca sanitaria al riguardo.
Ma quando il fenomeno assume proporzioni gigantesche e comincia a colpire anche gli etero ecco che tutti gli scheletri saltano fuori. L’angelo della morte non risparmia neppure gli omofobi e proprio tra le file dei repubblicani il “vizio” si rivela in tutta la sua evidente drammaticità.
Anche Mike ha contratto il virus durante le sue scorribande sessuali ma non rende la cosa ufficiale neppure quando passa più tempo all’ospedale che nel suo ufficio. Ma ormai anche tra i suoi colleghi non vige più la condanna morale della malattia. Ci sono troppi morti, anche tra gli eterosessuali per continuare a giudicare o a fingere condotte irreprensibili. La paura del contagio rende compassionevoli e meno ipocriti…
Mike tuttavia continua a vivere il suo segreto , celando la verità anche alla sua famiglia adottiva, con la quale ormai ha pochi rapporti. Sarà aperto e sincero invece con la sorella Mary, assieme alla quale tornerà in Irlanda, in una sorta di pellegrinaggio verso le origini che troverà pieno compimento solo con la morte, quando finalmente si aprirà una breccia nel muro di gomma delle suore, sempre reticenti ad aiutare Mike nella sua ricerca.
Philomena racconta una storia potente e fortemente emblematica dello squallore della vicenda umana, dove il potere, qualunque sia, detta le sue leggi e come un mostro famelico pretende le sue vittime per alimentarsi.
Non si poteva perdere l’occasione per farne un libro prima e subito dopo un film, certi del successo che avrebbe avuto visto che il pubblico adora le narrazioni piccanti e scabrose.
L’editore tuttavia, almeno quello italiano, ne affida la pubblicità al passaparola, evitando nella recensione e nella copertina ogni possibile riferimento alle questioni sessuali o politiche che esso affronta, diventando indirettamente, oltre che una sorta di “reportage psicologico” , un libro-denuncia.
Infatti in copertina compare solo un fotogramma il quale ritrae l’attrice che interpreta la madre di Mike nel film, a cui si aggiungono solo poche parole un pò lacrimevoli sulla forza dell’amore materno e la pietà verso gli orfani.
Scelta editoriale prudente o furba? Si volevano tenere bassi i toni dello scandalo oppure raggiungere un pubblico vasto e magari perbenista, che avrebbe evitato di acquistare il libro se la sua promozione avesse sottolineato la carica politica di questa avventura umana così singolare eppure non esclusiva, che si dipana attraverso i luoghi canonici del potere (stato e chiesa )?
Chi vende sa come vendere, probabilmente…E certamente, non conoscendo la storia, il fatto che ad un inizio commovente si aggiungano a poco a poco disgustosi retroscena non fa che accrescere la curiosità del lettore, il quale si vede costretto a procedere nella lettura non tanto per la forza estetica della scrittura (un pò scarsa secondo me) quanto piuttosto per togliere un altro dei suoi innumerevoli veli e scoprire ancora un pò di marciume, cosa a cui ormai a dire il vero, siamo piuttosto avvezzi.
Non solo in Italia il male si dispiega proprio tra coloro che, ci dicono, ci proteggeranno dal male; nè pare che la denuncia delle ipocrisie del potere, che condanna negli altri ciò che esso pratica impunemente, determini di per sè un mutamento di rotta..
L’uomo continua a sperare che il potere diventi buono, giusto, trasparente. Non ha abbastanza fede in se stesso per concepire una vita senza autorità, senza dover obbedire a qualcuno in cui riporre cieca incondizionata fiducia e che gli dica cosa è giusto e cosa è sbagliato, salvo poi “dare da matto” quando quel potere lo tradisce, facendo il contrario di ciò che predica.
Non diffidiamo ancora delle campagne moralizzatrici di chi condanna i propri simili in nome di principi che proprio essi hanno stabilito per garantirsi potere e supremazia.
Ciò, l’abbiamo visto, è accaduto per la pedofilia, per il celibato, per la condanna delle ragazze madri e per l’omofobia…., ma lo è anche per il furto e l’omocidio e per tutto ciò che di malvagio può scaturire dall’animo umano. La storia insegna.
Ma la storia è fatta anche di cambiamento, di maschere che cadono e mostrano volti nudi.
E’ di questi giorni in Inghilterra l’estensione dell’istituzione matrimoniale alle coppie gay e la possibilità di adottare bambini. Giusto? Sbagliato?
Certamente diverso dalla consuetudine e solo il tempo potrà dirci se le conseguenze di questo “sdoganamento” saranno positive o negative, se nei prossimi mille anni la vita sulla terra finirà perchè ci saranno solo coppie gay…E con questo?
Penso che rispetto alle così dette questioni morali, dall’aborto all’eutanasia per intenderci, non possa esservi altro legislatore che la propria coscienza, poichè probabilmente niente è totalmente buono o totalmente cattivo. Tuttavia, riguardo in specifico ai diritti gay, mi viene da pensare che non è male ciò che non fa male.
A chi fa male dunque se due uomini o due donne decidono di darsi amore e di aspirare alle stesse tutele giuridiche ed economiche che l’istituzione matrimoniale garantisce alle coppie etero?
E se fossimo noi i partners di quelle coppie? Dovremmo considerarci sbagliati, malati o cattivi?
O semplicemente persone che la propria struttura fisica o il proprio vissuto ha condotto ad innamorarsi di persone dello stesso sesso ed a sentire solo nei confronti di quelle il desiderio di unirsi sia nella carne che nello spirito?