Incontro 23 settembre 2014
Incontro del gruppo di lettura presso la Biblioteca Comunale ore 21.00, P.zza Garibaldi 3, primo piano.
Libri da leggere:
La bellezza delle cose fragili di Taiye Selasi si completerà l'argomento con i partecipanti che non hanno ancora finito la lettura per l'incontro precedente del 10 giugno.
Il club delle cattive ragazze di Sophie Hart
Io che amo solo te di Luca Bianchini
La cena di Natale di Io che amo solo te di Luca Bianchini
L'amante di Marguerite Duras.
Torte di mele, brownies al cioccolato, muffin e tisane profumate… È questo il regno di Estelle, l'intraprendente proprietaria del Café Crumb. Ma gestire una piccola pasticceria non è facile. Rattristata dalla chiusura della libreria accanto al suo locale, Estelle, fervida lettrice, ha un'idea: perché non provare a risollevare le sorti del Café con un book club, affiancando ai dolci qualche buona lettura? La partenza non è delle migliori. Gli iscritti al club, oltre a Estelle, sono solo quattro: Gracie, giovane bibliotecaria femminista; Rebecca, un'insegnante trentenne sposata da poco più di un anno; la neopensionata Sue, e il timidissimo Reggie, presente solo per fare ricerche per la propria tesi. Il primo libro preso in esame non scatena alcun dibattito. Estelle decide allora di giocare il tutto per tutto aggiungendo un pizzico di pepe agli incontri. La lettura successiva verterà sul bestseller del momento: una piccante storia d'amore e sesso, condita da sculacciate e frustini. Il successo è sfrenato, tanto che il book club decide di focalizzarsi solo sulla letteratura erotica. Libro dopo libro, spaziando dai classici ai casi editoriali più recenti e peccaminosi, Gracie, Rebecca, Sue, Reggie ed Estelle lasceranno da parte inibizioni e paure, dando un salutare scossone alle loro vite. Perché, come direbbe Mae West, che senso ha resistere a una tentazione, se tanto poi ce n'è subito un'altra?
Commento di Carla
Bello. Una lettura piacevole, rilassante. Molto ben scritto e travolgente. Sembrava davvero di essere all'interno del libro, partecipare al Book Club del Cafè Crumb mangiando millefoglie, bevendo the e discutendo di libri insieme ai protagonisti. Mi è piaciuto molto. Lo consiglio a tutti quelli a cui va di leggere un libro non impegnato ma con una storia sensata e non scontata.
Ninella ha cinquant'anni e un grande amore, don Mimì, con cui non si è potuta sposare. Ma il destino le fa un regalo inaspettato: sua figlia si fidanza proprio con il figlio dell'uomo che ha sempre sognato, e i due ragazzi decidono di convolare a nozze. Il matrimonio di Chiara e Damiano si trasforma così in un vero e proprio evento per Polignano a Mare, paese bianco e arroccato in uno degli angoli più magici della Puglia. Gli occhi dei 287 invitati non saranno però puntati sugli sposi, ma sui loro genitori. Ninella è la sarta più bella del paese, e da quando è rimasta vedova sta sempre in casa a cucire, cucinare e guardare il mare. In realtà è un vulcano solo temporaneamente spento. Don Mimì, dietro i baffi e i silenzi, nasconde l'inquieto desiderio di riavere quella donna solo per sé. A sorvegliare la situazione c'è sua moglie, la futura suocera di Chiara, che a Polignano chiamano la "First Lady". È lei a controllare e a gestire una festa di matrimonio preparata da mesi e che tutti vogliono indimenticabile: dal bouquet "semicascante" della sposa al gran buffet di antipasti, dall'assegnazione dei posti alle bomboniere – passando per l'Ave Maria -, nulla è lasciato al caso. Ma è un attimo e la situazione può precipitare nel caos, grazie a un susseguirsi di colpi di scena e a una serie di personaggi esilaranti.
Commento di Lucia
E' carino, leggero, divertente. I personaggi sono tanti e simpatici, tratteggiati con cura. Una storia che ti tiene compagnia piacevolmente e ti fa rivedere i bellissimi scorci di Polignano a Mare.
È la vigilia di Natale e sono tutti più romantici, più buoni, ma anche un po' più isterici. Polignano a Mare si sveglia magicamente sotto la neve che stravolge la vita del paese, dividendolo tra chi ha le gomme termiche e chi no. La più sconvolta è Matilde, che riceve quella mattina un anello con smeraldo da don Mimì, suo marito, "colpevole" di averla troppo trascurata negli ultimi tempi. Lei si esalta a tal punto da improvvisare un cenone per quella stessa sera nella loro grande casa, soprannominata il "Petruzzelli", in cui troneggia un albero di Natale alto quattro metri e risplendono le luminarie sul tetto. L'obiettivo di Matilde è sfidare davanti a tutti Ninella, la consuocera, il grande amore di gioventù di suo marito. E Ninella, che a cinquant'anni è ancora una guerriera, accetta la sfida. Sbaglia però a farsi la tinta "biondo Kidman", che la renderà meno sicura, ma non per questo meno bella. Quella sera, alla stessa tavola imbandita si siederanno, tra gli altri: una diciassettenne ossessionata dalla verginità (Nancy); una zia con tendenze leghiste (Dora); una coppia (Chiara e Damiano) in cui il marito forse ha messo incinte due donne, e un ragazzo gay (Orlando) che ha dovuto scrivere a mano su pergamena undici menu, in cui spicca il "supplì alla cozza tarantina" preparato con il Bimby. Tra cocktail di gamberi, regali riciclati, frecciate e risate, ne succederanno di tutti i colori. Ma ai due consuoceri, Ninella e don Mimì, importerà solo essere seduti uno accanto all'altra.
Commento di Luciano
Libro molto divertente, in linea con il precedente, dove la storia d'amore dei due protagonisti continua in modo sotterraneo. Tra mille colpi di scena ed un quadro di una società, che nonostante la crisi, cerca di sopravvivere riappropiandosi dei vecchi valori. Cosa veramente saggia, nonostante rottamazioni e mode giovanili.
La storia d'amore di una francese quindicenne con un giovane miliardario cinese, sullo sfondo di un ritratto di famiglia, nell'Indocina degli anni trenta. Racconto di lucidità struggente, di terribile e dolce bellezza, "L'amante" trasfigura e risolve integralmente in una scrittura spoglia e intensa, il complice gioco che la memoria e l'oblio ricalcano sulla trama della vita.
Commento di Leonardo Banfi
Un libro scritto decisamente bene, un linguaggio che prende. M.D. dipinge con le parole, va a fondo nei sentimenti, trascinando il lettore nella storia della vita di quella ragazzina di quindici anni e mezzo, bianca, nella indocina francese. L'amore, il sesso, la poverta', i legami famigliari deboli, inesistenti, complicati, la violenza in famiglia del fratello maggiore, la necessita' di far fronte a tutto cio' giornalmente. Una situazione difficile alla quale si somma l'amore inspiegabile di una madre per il primogenito, fumatore di oppio, giocatore d'azzardo e balordo, per la cui felicita' farebbe qualsiasi cosa. La perdita del fratellino minore, debole, indifeso, al quale e' molto legata. L'utilizzo del proprio corpo come unica risorsa…. NON AMARMI, FAI COME CON TUTTE LE ALTRE. Un uomo ricco e colto rapito dall'amore per una ragazzina, la distanza economica e sociale tra i due, la differenza di razza, la cultura cinese dei matrimoni combinati ai quali non si puo' scappare. Un romanzo breve ricco di emozioni forti.
“La bellezza delle cose fragili”
(di Valeria Gramolini)
Non è stato facile entrare nel ritmo narrativo de “La bellezza delle cose fragili”, un libro dall’andamento strano, discontinuo, a volte irritante eppure stimolante.
E così sono andata avanti nella lettura pur non comprendendone il senso, a volte, per una molteplicità di motivi: la difficoltà d’individuare i soggetti stessi delle azioni, la presenza di nomi o espressioni “africane” da un lato e di termini relativi ad oggetti ed ambienti d’oltroceano con cui non ho dimestichezza dall’altro…, la trama frammentata della narrazione, ben lontana da un’idea di romanzo tradizionale e più simile ad una casuale estrazione di tessere di un puzzle di cui non si possiede neppure la copertina con il disegno.
Qua e là momenti di rarefatta poesia lasciavano comunque supporre che prima o poi il mistero di quel titolo si sarebbe rivelato e così è stato. Superata la metà del libro il racconto ha preso forma per diventare affascinante ed esplosivo, fino a rendere evidente lo stesso senso di quei frammenti, di quel linguaggio, di quella scelta stilistica.
Da fotografa qual è la Selasi ci ha consegnato un album di foto-ricordo tutto da costruire, dove una foto ne richiama un’altra e questa un’altra ancora, scatti precisi su realtà colte nei loro fuggevoli attimi, a volte descritti fino al minimo dettaglio, finestre che si aprono e si chiudono, spesso sovrapponendosi o lasciandoci col fiato sospeso dietro inquietanti congetture.
L’autrice vaga tra due mondi: quello ricco e luccicante della terra desiderata dei bianchi e quello povero e desolato dei neri, da cui un lui ed una lei sono fuggiti, come tanti, in cerca di pace, benessere, riscatto sociale, rompendo legami o lasciandosi guerre e morti alle spalle. Dal Ghana e dalla Nigeria verso l’America e poi in Europa, per migliorare talenti ed opportunità.
L’incontro tra i due in America è fortunato: sono entrambi intelligenti, istruiti, ambiziosi. Lei non è neppure completamente nera. Ha sangue inglese coloniale nelle vene e rinuncia per amore e maternità ad una possibile brillante carriera d’avvocato.
Lui, che ha ereditato la genialità del padre, diventa un grande chirurgo. La famiglia, dopo innumerevoli sacrifici ed opportunità ed impreziosita da quattro figli (un maschio ed una femmina gemelli, come pare capiti sovente tra africani), sale la scala sociale incarnando il classico sogno americano, che però non durerà a lungo.
Sarà ancora una volta il colore della pelle a fare del chirurgo un capro espiatorio perfetto. Pagherà per un errore commesso da altri e verrà licenziato.
L’uomo non regge il peso della vergogna e dell’umiliazione e, nascondendo la verità alla famiglia a cui aveva promesso grandi cose, l’abbandona (così sembra facciano i padri e mariti africani quando falliscono).
La moglie, costretta a vendere la casa, non riuscendo a gestire da sola la prole numerosa, manda i gemelli in Africa dal fratellastro. La famiglia è dunque distrutta, disgregata ed ognuno porterà a modo suo nella carne e nello spirito i segni di quell’abbandono, di quella lacerazione, vissuta soprattutto dai ragazzi con irreversibile drammaticità.
Il più grande, medico come il padre, non riuscirà ad affezionarsi completamente alla sua compagna, cinese e medico anche lei, pur amandola; la più piccola, nata prematura, svilupperà una grande insicurezza che la porterà alla bulimia e ad una confusa omosessualità; la gemella femmina, bellissima ed inquieta, andrà in analisi e si accompagnerà ad un uomo più grande e sposato; il gemello maschio, pur affermato artista, tenterà il suicidio; la madre, infine, con il tempo, tornerà in Africa lasciando i figli ormai cresciuti in America, per scoprire, ma solo dopo la sua morte, che anche il marito era tornato là da dove era partito e viveva non troppo lontano da lei con una donna molto semplice e rassicurante.
A ritroso, partendo dall’episodio della morte dell’uomo, la Selasi apre la sequenza delle sue scatole cinesi, piene di dettagli, oggetti, odori, stati d’animo, modi d’essere e di sentire che vanno e vengono da un capo del mondo all’altro. Una ventata di potente internazionalismo dopo le più tranquille atmosfere della provincia pesarese di Macadàm…
A poco a poco compare e si fa sempre più strada quella “negritudine” che all’inizio era nascosta o forse smarrita nella imperiosa voglia d’occidente, di benessere e prosperità dei protagonisti e probabilmente mai sentita dai giovani figli nati in America.
Prepotentemente, nella seconda parte, s’impone all’attenzione un’Africa diversa da quella che siamo abituati a vedere, quella degli sbarchi a Lampedusa per intenderci…E’ un’Africa moderna e corrotta, dove capanne e tuguri convivono con le ricche dimore stile occidentale di chi ha fatto i soldi con la droga, il sesso e la violenza. Ed è qui che si consuma il dramma più grande sulla pelle dei gemelli, ancora più pesante perchè mai raccontato, uscito dal mistero solo alla fine, quando la famiglia si trova unita per il funerale del padre.
Questa è la parte del testo che ritrova anche la sua unità stilistica. Non più frammenti, frasi ermetiche, emozioni spezzate. La prosa diventa più scorrevole, chiara, suggestiva ed avvincente, forse anche per la materia che tratta, divenuta scabrosa e carica di suspànce.
A poco a poco, sull’onda emotiva del ricongiungimento che riaccende i ricordi, i muri del distacco, dei segreti e della riservatezza crollano. I cuori si riaprono alle confessioni ed alle tenerezze, i nodi si sciolgono come neve al sole, complice certamente il calore ed il colore dell’Africa, con il ritmo dei suoi tamburi, la bellezza dei cieli al tramonto, la semplice naturalezza della sua gente, quella gente che è restata e non ha inseguito i sogni.
Tutto si allenta, nei corpi che sciolgono il dolore nella danza, nelle mani che tornano a sfiorarsi, negli abbracci che diventano veri.
La natura selvaggia dell’Africa torna a far vibrare quelle parti istintive ed emozionali che i protagonisti avevano nascosto sotto le buone maniere e gli abiti firmati, come a dire che le radici non si spezzano mai definitivamente, soprattutto quando si comprende il perchè delle lacerazioni.
Storia singolare, come ogni altra storia africana probabilmente o vicenda umana, che non cessa di sorprendere per l’intensità del sentire, come quelle fitte al cuore della madre che sanguina ogni volta che qualcosa ferisce un figlio o un fratello. Sembra che, per chi ha questa “negritudine”dentro di sè le cose siano o tutte bianche o tutte nere. Non esistono sfumature come nella nostra cultura, avvezza alla mediazione, alla discussione, all’elaborazione intellettuale dei sentimenti appresa in lunghi secoli di storia.
L’Africa è quella parte del mondo in cui si è passati direttamente dalla capanna di paglia alla metropolitana, dalla sete d’acqua a quella di petrolio, dal miracolo di un neonato che non muore dopo pochi giorni al suicidio, cosa prima impensabile per un africano, che se decide di andare incontro alla morte, lo fa sempre animato dalla speranza di vivere.
Ne abbiamo conosciuti alcuni di questi africani emigranti, sempre di passaggio verso patrie più accoglienti, che vanno e vengono, lasciano mogli e figli, vivono presso amici o parenti, sono vagabondi, nomadi, stanchi, inquieti, arrabbiati…
L’incertezza per compagna, la morte ad ogni passo, come il separarsi, il fallimento dei sogni e delle speranze.
Come si fa dunque ad amare, avere cura, costruire o difendere il proprio nucleo famigliare quando si sa da sempre che nulla è mai certo e sicuro, duraturo, stabile? Come si può mantenere vivo un legame quando la vita stessa è disgregazione?
Ecco la domanda che il libro pone, domanda a cui risponde con una nota di speranza. La si coglie nella determinazione con la quale il figlio più grande decide di amare veramente la propria compagna, per non essere colui che abbandona come fa sempre l’africano, come ha fatto suo padre, e nella sensazione provata da tutti i protagonisti della storia che i legami d’amore sopravvivono sempre se qualcosa, come la morte di una persona cara o il suo ricordo, li riaccende.
Non è che questa la bellezza delle cose fragili: legami d’amore che la crudezza della vita non riesce a spezzare e che sopravvivono nonostante tutto, purchè si trovi la voglia ed il coraggio di rievocarli. Solo così possono diventare indistruttibili, benchè fragili: attraverso la magia del ricordo di sè, di ciò che si è veramente, di ciò che si è stati e che forse si è rinnegato.