Incontro 9 dicembre 2014
Incontro del gruppo di lettura presso la Biblioteca Comunale ore 21.00, P.zza Garibaldi 3, primo piano.
"Storia di una ladra di libri" di Markus Zusak
È il 1939 nella Germania nazista. Tutto il Paese è col fiato sospeso. La Morte non ha mai avuto tanto da fare, ed è solo l'inizio. Il giorno del funerale del suo fratellino, Liesel Meminger raccoglie un oggetto seminascosto nella neve, qualcosa di sconosciuto e confortante al tempo stesso, un libriccino abbandonato lì, forse, o dimenticato dai custodi del minuscolo cimitero. Liesel non ci pensa due volte, le pare un segno, la prova tangibile di un ricordo per il futuro: lo ruba e lo porta con sé. Così comincia la storia di una piccola ladra, la storia d'amore di Liesel con i libri e con le parole, che per lei diventano un talismano contro l'orrore che la circonda. Grazie al padre adottivo impara a leggere e ben presto si fa più esperta e temeraria: prima strappa i libri ai roghi nazisti perché "ai tedeschi piaceva bruciare cose. Negozi, sinagoghe, case e libri", poi li sottrae dalla biblioteca della moglie del sindaco, e interviene tutte le volte che ce n'è uno in pericolo. Lei li salva, come farebbe con qualsiasi creatura. Ma i tempi si fanno sempre più difficili. Quando la famiglia putativa di Liesel nasconde un ebreo in cantina, il mondo della ragazzina all'improvviso diventa più piccolo. E, al contempo, più vasto. Raccontato dalla Morte – curiosa, amabile, partecipe, chiacchierona – "Storia di una ladra di libri" è un romanzo sul potere delle parole e sulla capacità dei libri di nutrire lo spirito.
Questo libro è stato pubblicato con il titolo "La bambina che salvava i libri".
Storia di una ladra di libri
( Valeria Gramolini)
Si può raccontare l’orrore senza provare orrore? Si può trasformare il disgusto in tenerezza?
Evidentemente sì. Questo infatti è quello che tenta di fare Markus Zusak con il suo “Storia di una ladra di libri”, individuando strategicamente un “modus narrandi”che rende accattivante un contenuto tragico. Ma non sono altrettanto tragiche certe fiabe inventate per i bambini? ( Stavolta però la realtà supera l’immaginazione!)
E’ lo stesso stratagemma usato da Benigni nel suo “La vita è bella”: mostrare e descrivere una realtà cruda ed agghiacciante attraverso gli occhi dell’innocenza.
Non si può non pensare ai bambini quando imperversa la follia umana. Cosa accade in quelle testoline quando si vive immersi nell’odio razziale, nelle marce degli squadroni della morte, nelle propagande guerrafondaie, negli eccidi e nell’assenza di libertà, non solo di azione ma anche di espressione? Ogni genitore ed educatore dovrebbe chiederselo quando ha la fortuna di non aver conosciuto direttamente i frutti delle politiche dittatoriali, ma solo di averne sentito parlare o letto nei libri di storia.
Se è la pace che desideriamo per noi e per i nostri figli non dobbiamo smettere mai di concorrere a far sì che guerre, torture, persecuzioni siano bandite dal consorzio umano per diventare Tabù.
Probabilmente l’autore, dalle cui note biografiche si apprende essere padre, ha sentito questa necessità ed urgenza e, certamente non scevro da sensibilità e dalla capacità di guardare alle cose della vita con occhi di bimbo, ha immaginato e scritto gli anni bui della Germania nazista, tra il 1939 ed il 1943, usando il filtro della fanciullezza che, priva di malizia, non comprende e non si spiega molte cose e tuttavia sa dov’è il bene e dov’è il male.
Sa, ma non può dirlo. Non può manifestare il dissenso, non può sottrarsi alle imposizioni e solo apparentemente si conforma, per sopravvivere. Non so se la piccola Liesel sia veramente esistita; l’autore ne parla come se lo fosse e, del resto, la sua storia è assolutamente verosimile. La eleva a figura grande ed emblematica di una resistenza colma di forza morale e coraggio, un’altra piccola Anna Frank che fa dei libri rubati e di quello scritto da lei, il segno d’un indomabile desiderio d’umanità.
I suoi occhi vedono ed imparano molte cose: conoscono la morte e la separazione fin dalla più tenera età, prima ancora delle colonne di ebrei in marcia verso Dachau, delle bombe e della guerra, ma scoprono anche la bellezza interiore di chi è in grado di amare, come il padre adottivo, il calore e la complicità dell’amicizia attraverso la bella figura di Rudy, la potenza di un’intesa profonda che trasende lo spazio ed il tempo, come quella sorta di legame mistico con l’ebreo Max.
Immersa nell’orrore del suo tempo Liesel fa parte di quella schiera di piccoli grandi eroi presenti in ogni epoca che non si accodano al sistema, soffrono più per gli altri che per se stessi, ma non si abbandonano alla disperazione, che le attraversa senza scalfirne la volontà di continuare ad amare e a sperare, nonostante tutto.
La nostra piccola eroina, cresciuta alla scuola del padre e della sua fisarmonica, sa sognare e far sognare. I libri, le parole, i disegni, la sostengono nel suo compito, nel suo modo così speciale di stare al mondo, anche se verrà il giorno in cui li odierà, quando comprenderà che ci sono anche parole in grado di fare il male. Se la prenderà con loro, strappandoli, lei che li aveva salvati dai roghi nazisti; lo farà perchè capisce che le parole possono mentire, incitare all’odio, deludere, e, soprattutto, che la vita e la morte reali sono ben altro dai libri. Eppure, a volte, essi consolano da tanta barbarie: uniscono le persone e rendono meno tragico il presente, quando si sta chiusi come topi in una cantina e fuori piovono bombe.
Se il linguaggio e la visione sono quelli della fanciullezza e dell’adolescenza, il vero punto di vista della narrazione è quello originale di un insolito “Io parlante”, protagonista assoluto di quel tristissimo periodo storico, cioè la Morte.
Ad un lettore inizialmente incredulo la morte racconta se stessa e le proprie gesta, dando di sè un’immagine ambivalente: ora è la fredda esecutrice di ordini dati dall’alto, da una sorta d’innominata potenza trascendente, immanente e necessaria, che falcia cinicamente ed impietosamente ogni vita ed ogni illusione; ora è un’operaia stanca ed affaticata, esausta da tutto quel gran daffare e quasi disgustata da se stessa, soprattutto quando l’anima che deve prelevare e portare a destinazione è quella di creature innocenti, di Liesel, di Rudy…
Certamente la morte è l’unica cosa che non muore, eterna ed ostinata più della vita, una “livella”, come la definiva Totò, di fronte alla quale ogni differenza d’altezza tra gli uomini si assottiglia fino a scomparire. Ma un conto è l’ordine naturale delle cose, che riguarda ogni creatura viva inevitabilmente soggetta alla morte, altro è lo sterminio , la follia distruttiva che occasionalmente l’umanità conosce, riducendosi abbondantemente di numero. Sembra quasi dire, la morte, che, quando i numeri sono grandi, non può far bene il proprio lavoro e che, invece, al contrario, quando è ora di raccogliere una vita giunta alla fine del suo tempo, come quella di Liesel ormai vecchia, allora può dare il meglio di sè: essere gentile, amorevole, fraterna. “Sorella morte” la chiamava Francesco.
Markus Zusak non misconosce la necessità della morte, nè tanto meno esplora le differenze tra morte naturale ed omicidio, o mette in discussione la responsabilità umana nel non saper evitare il male, quando può essere evitato. La malvagità a volte è così potente, inspiegabile ed invasiva che non vi si può opporre (come impara Liesel), ma almeno resistervi intimamente sì, conservando lucidità e senso critico, ed inscenando, quando è possibile, piccoli grandi atti d’eroismo con un coraggio che solo una grande forza di sopportazione può conferire.
E poi c’è il mondo della fantasia e del sogno a soccorrere tanto i bambini quanto gli adulti che hanno ancora dentro di sè il proprio fanciullino. Ci sono persone che, pur vivendo qui ed ora, non appartengono totalmente a questa dimensione. Essi sanno che c’è un altrove colmo di mistero e di bellezza dal quale veniamo ed a cui torneremo; un altrove che ci portiamo dentro come una lente d’ingrandimento la quale ci fa vedere le cose oltre la loro apparenza e sentire invisibili presenze protettive al nostro fianco. Forse sono angeli, come il fratellino morto di Liesel, o come l’angelo sopra Berlino dell’omonimo film di Wim Wenders…(a proposito di Wenders non perdetevi assolutamente l’ultimo film documentario “il sale della terra”).
Agli esseri umani, che nulla possono contro i grandi tragici eventi dell’esistenza, siano essi naturali o provocati dal lato oscuro della nostra mente, non resta che affidarci a questa speranza, abbandonandoci a questa suggestione d’amore senza opporre resistenza, superando paura ed egoismo, ben consapevoli che la vita non ci appartiene e che solo la solidarietà può rendere più sopportabili le notti più fredde ed oscure di questo nostro viaggio.
p.s.: libro molto indicato per i ragazzi, sia per il tono e la modalità espressiva del linguaggio, sia per la scelta grafica dell’impaginazione, discontinua, con paragrafi separati, variazione dei caratteri e sezioni “fumettistiche”, che rendono la lettura meno pesante