Incontro 17 aprile 2018
LA MENNULARA
"…fimmina di panza!"
Una lettura avvolgente, una scrittura complessa, polifonica e seducente. La Mennulara, opera prima della scrittrice anglo-siciliana Simonetta Agnello Hornby è stata una delle scoperte più interessanti fra le letture di questo periodo.
Siamo nella Sicilia degli anni '60 e la Mennulara, vale a dire la raccoglitrice di mandorle (mennule), muore dopo un'aspra malattia lasciando dietro di sé astio e riconoscenza per una vita offesa spesa al servizio degli altri, con dignità, ma senza alcun fine religioso. Al contrario, la Mennulara ha, per così dire, un "conto aperto" con Dio. Egli si è comportato male maltrattando la sua esistenza e lei non lo ripaga con le sue preghiere. man mano che la lettura avanza, emergono particolari inattesi sulla storia della criata di casa Alfallipe che da vittima si fa carnefice e quindi deus ex machina di molte esistenze.
"Ha ragione non è facile definirla, senza dubbio era dotata di notevole intelligenza nonché di una certa cultura: una donna complessa."
I tratti salienti di questo romanzo sono senza dubbio la sicilianita’ e la coralità.
La scrittrice attinge alle sue forti origini palermitane per descrivere un mondo complesso in un periodo storico di grandi cambiamenti. Così nel retaggio quasi feudale di rapporti immutati da tempi immemorabili si inseriscono nuovi fremiti politici e non manca, con le sue mille sfaccettature, la presenza della mafia. Si parla di famiglie abbienti, di notabili di paese così come di famiglie umili di origine ma dignitosissime. Il tutto in un intrecciarsi continuo di parentele, amicizie o frequentazioni più o meno casuali. Ed e’ attraverso le conversazioni o i ricordi di questi personaggi che a poco a poco si delinea la figura della mennulara, serva-padrona di cui ognuno serba un suo ricordo. Alcuni la disprezzano per avere tradito le proprie origini e ne mettono in risalto il carattere duro e impetuoso. Altri, e tra questi il dottore e il parroco, negli anni hanno imparato ad apprezzarne la profonda onesta’, il coraggio di affrontare una vita difficilissima e solitaria, la volontà fortissima di andare oltre i propri limiti sorretta da una grande intelligenza.
Scopriamo un personaggio molto complesso, e man mano che ne definiamo i contorni ci rendiamo conto che anche a noi lettori sarà difficile dimenticarlo.
Altro sono i suoi antagonisti. I tre fratelli Alfallipe si stagliano nitidi per la loro inettitudine. Tanto è forte la personalità della mennulara tanto scompaiono loro, sepolti non da grossi vizi ma da una stupidità diffusa. Altri personaggi rimangono felicemente nella memoria una volta terminata la lettura, come il vecchio capomafia o Pietro Fatta, vecchio amico a confidente di Orazio Alfallipe.
Un elemento affascinante del romanzo rimane quello dell’ironia. Un tratto lieve ma che permea con intelligenza tutto il libro senza interferire con i sentimenti forti che lo caratterizzano.
Ma il merito più grande dell’ autrice a mio avviso e’ quello di aver scritto il romanzo con una tecnica pittorica. È un grande affresco che inizialmente colpisce per la sua complessità e ti induce ad avvicinarti. E così’ a poco a poco si delineano i contorni e si ravvivano i colori in ogni particolare. E tutto trova un senso e una sua bellezza.