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GdL incontro 29 gennaio 2025

La Malnata

di Beatrice Salvioni (Einaudi, 2023)

Recensione di Nadia Muscialini

Parole chiave: #violenza sessuale, #adolescenza, #amicizia, #la forma della voce

“E’ difficile levarsi di dosso il corpo di un morto.

Lo scoprì a dodici anni, con il sangue che mi colava dal naso e dalla bocca e le mutande attorcigliate intorno a una caviglia.

I ciottoli della riva del Lambro mi premevano contro la nuca e il sedere nudo, duri come unghie, la schiena era affondata nel fango. Il corpo di lui mi pesava sulla pancia, pieno di spigoli e ancora caldo”.

 

Questo l’incipit del libro. Crudo, brutale, come l’aggressione sessuale che descrive. I vissuti della vittima dopo l’abuso, lo stupro; i crimini sessuali offendono lo spazio pubblico ma soprattutto quello intimo. L’autrice fa un atto di coraggio a parlarne, a svelare nelle prime righe la brutalità, il terrore, lo stordimento emotivo che provoca un’aggressione sessuale in chi la subisce.

I traumi che ne conseguono sono quasi sempre muti alle parole ma inscritti nel corpo, non solo perché compiuti nell’assordante silenzio delle mura domestiche o di una strada buia, ma soprattutto perché diversamente da altri traumi non viene dichiarato perché, paradossalmente, pervade di vergogna chi lo subisce.  

La trama racconta anche una storia di adolescenza. Le protagoniste sono due ragazze che vivono nell’epoca del fascismo e che, assieme alla fatica del loro crescere, ci narrano l’assurgere dell’onnipotenza tirannica e colonizzatrice, una delle battaglie compiute dalle donne contro la violenza esercitata dal potere maschile autoritario e violento come il regime che ne fa da sfondo.

E’ una storia di paura ma anche di coraggio; le due adolescenti Francesca e Maddalena (la Malnata) combattono una guerra contro il conformismo, l’ipocrisia, l’ingiustizia e la disumanizzazione che consegue alla banalità del male. E’ la lotta genuina e franca di chi esce dall’infanzia e si spinge a cercare, mettendolo in discussione, un modello adulto che non sia gretto, avido, tirannico, che non ha rispetto per nessuno, né per il mondo né per le generazioni. Petto in fuori, mento alto, le due donne sfidano il male, l’ignoranza, l’ingiustizia e una visione che considera gli altri e il pianeta beni da sfruttare e piegare al proprio volere.

E’ la storia dell’adolescenza che non si adatta all’ordine costituito imposto dai genitori e dagli adulti ma che lo contrasta quando questo va chiaramente contro il buon senso e la libertà; quando nega il dialogo, il confronto. Spesso i giovani sono stati in prima linea nelle battaglie per i diritti e la libertà per il loro bisogno di affermazione identitaria, il riconoscimento del loro posto nel mondo e nella comunità degli adulti; per questo anche oggi riempiono le schiere di ribelli e combattenti con il cuore aperto e la mente non ancora appannata dalle comodità della zona di confort.

L’amicizia tra Francesca e Maddalena è lo sfondo, il filo rosso tra le maglie della trama del libro.

E’ un’amicizia osteggiata dagli adulti. La rappresentazione di come la psiche tende a proiettare ciò che disturba su qualcuno che viene investito come capro espiatorio, la Malnata, e possa così essere perseguito al nostro posto o mettere a tacere la nostra coscienza.

E’ il tentativo di separare il bene dal male, i buoni dai cattivi, il diverso e tenerlo lontano affinché non dobbiamo ammettere che siamo tutti uguali e che il male e la violenza sono sempre una scelta, così come il buono e il bene.

“Mia madre voleva che avessi paura di quella ragazza sporca per costringermi a non parlarle. (…) Sperava che dopo quelle storie spaventose e piene di sangue la finissi di cercarla, la Malnata, che prima o poi mi avrebbe lanciato una maledizione, perché così fanno le streghe.

Ma aveva ottenuto l’effetto contrario di farmela sentire più vicina: anche la Malnata aveva avuto un fratello che adesso non c’era più e forse pure lei avvertiva il peso di essere rimasta viva.”

E’ una narrazione di vicinanza, empatia, sentimenti profondi e anche di cura reciproca di due esseri sofferenti e traumatizzati, ancor più per avere abitato un ambiente incapace di contenere il dolore e placare le angosce. E’ la descrizione di ciò che spesso rimane dentro per essere sopravvissuti alla perdita di una persona cara (nel caso di Francesca e Maddalena due fratelli), la colpa e il senso di essere fuori posto ovunque e di non meritarsi nulla.
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