Incontro 14 gennaio 2014

Incontro del gruppo di lettura presso la Biblioteca Comunale ore 21.00, P.zza Garibaldi 3, primo piano.

 

 

Adrian N. Bravi "L'albero e la vacca"

L'albero e la vacca

“Si sa che certe occasioni vanno colte al volo, altrimenti rischi che non ti ricapitino più, poteva succedere che sotto l’effetto del tasso mortifero i miei si fossero ammorbiditi e si dicessero delle cose carine, o anche semplici, ma senza litigare e, se ci scappava pure un bacio sulla guancia, tanto meglio.”

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L’albero e la vacca racconta la storia di un bambino, Adamo, che assiste da sopra a un albero alla separazione dei genitori. Seduto sul ramo del tasso, dopo aver mangiato le sue velenosissime bacche, Adamo vede apparire una placida vacca che rasserena l’orizzonte. Al suo protagonista bastano poche bacche velenose e una mansueta allucinazione per affrontare il dolore, sbarcare nell’età adulta e lasciarsi la famiglia alle spalle.

Il regista Andrea Papini realizzò nel 2012 un video dal romanzo precedente Il Riporto, con il quale vinse la prima edizione del Premio BookCiak, Azione! alla 69ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia

http://www.youtube.com/watch?v=eezQiECvGTU&feature=youtu.be

One Response to “Incontro 14 gennaio 2014”

  • admin scrive:

    L’albero e la vacca
    (commento di V.G)

    E’ questo un libro che risveglia nel lettore il piacere di tuffarsi in quell’universo magico in cui tutti, chi più chi meno, quando eravamo bambini, abbiamo cercato rifugio e salvezza dalle incomprensibili brutture della vita.
    Adamo lo fa con il potere allucinogeno del seme del frutto del tasso di cui narra, con dovizia di particolari, la tossicità e la stretta parentela con la morte e la stregoneria, citando qua e là assunti scientifici e richiami mitologici.
    La realtà da cui vuole distanziarsi è la furiosa litigiosità della madre, che sbatte il marito fuori di casa incurante dell’attaccamento che verso di lui ha il figlio, anch’egli vessato da ogni sorta di ingerenza materna.
    Nel viaggio fantastico tra cose e persone che cambiano forma e colore Adamo s’imbatte in una vacca che ha il potere di calmarlo e rasserenarlo, mentre si sorprende a divertirsi di ogni cosa.
    A mano a mano che l’esistenza procede nel suo infausto divenire il bambino cerca di venirne a capo come può, dando ai fatti significati strampalati che suscitano nel lettore un riso amaro misto a commozione.
    Il sentimento suscitato è quello della tenerezza, una tenerezza che è difficile non provare verso l’innocenza dei piccoli, ancora incontaminata dal torbidume della vita.
    A partire da quei dolori e da quelle incomprensioni Adamo si costruisce piani e promesse per il futuro con l’intento palese di “raddrizzare tutto ciò che di storto affligge il mondo”, come gli suggerisce l’altrettanto sfortunato amico con cui stringe una sorta di patto.
    Intanto la vita continua a tranciare affetti e seminare separazioni che, se la ragione accetta, il cuore rifiuta.
    Un rifiuto che si scrive nel corpo con la somatizzazione del dolore, la quale compensa la perdita attraverso l’identificazione con ciò che non c’è più e che quindi in qualche modo continua a vivere.
    A volte però il caso o il destino ci riconduce là dove trovavamo conforto da bambini: un mondo sospeso dove si può ristabilire un contatto con ciò che è stato, salutarlo degnamente facendo finalmente pace con noi stessi e con chi, abbandonandoci, ci ha fatto soffrire ma che ora ci guarda con gli occhi grandi ed umidi di una vacca, non a caso simbolo di vita, almeno nella mitologia indù.
    Ed ecco che all’improvviso siamo guariti e risanati. Anche nel corpo svanisce ogni traccia di quel dolore, perchè in quello sguardo di commiato anche ogni legame con il passato s’è dissolto, permettendoci di tornare totalmente alla pienezza della vita.


    **********************************

    qualche parola anche su un altro testo dello stesso autore: IL RIPORTO

    Titolo del commento:

    TUTTI A CINGOLI!

    Pur essendo di un’altra provincia mi riempe d’orgoglio marchigiano il dipanarsi di questa storia strampalata tra i bei luoghi montani della nostra regione, di cui quotidianamente in questi ultimi tempi le cronache locali parlano solo per annunciare fabbriche chiuse e licenziamenti.
    Sarà perchè la crisi avanza così inesorabile che questo racconto apre una breccia di speranza.
    E se i miracoli esistessero davvero? Se bastasse solo un pò di fede (o forse molta) per trovarsi risanati nel cuore e nell’anima? Se fosse sufficiente salire sulla montagna,avvicinarsi all’uomo che vive nelle caverne (quale ognuno di noi è stato all’alba del mondo) e proiettare sul suo codino, sulle sue mani calde o sul suo respiro le nostre aspettative di guarigione, il nostro bisogno di giustizia, di bellezza, di santità perchè il mito diventi realtà?
    Sulla scia della migliore tradizione magico-religiosa di tutti i tempi la fuga di Arduino sui monti rinnova l’ancestrale richiamo della natura al cuore dell’uomo che ha smarrito se stesso.
    Quando ci lasciamo umiliare da cose senza importanza o i nostri presunti difetti ed insufficienze ci rendono risentiti, odiosi e carichi di veleno, la convivenza con l’umanità diventa intollerabile. Allora non resta che salire sulla montagna dove le cose sono quelle che sono e cioè solo e semplicemente se stesse.
    E’ il puro riconoscimento della verità ad operare il miracolo. Eppure Arduino fatica a capire, avviluppato com’è così morbosamente all’estensione del proprio io, quel riporto che nasconde al mondo la sua vera identità, che lo lega al ricordo sofferente del padre, un padre mite ed arrendevole, anch’egli come lui  umiliato dall’arroganza del mondo.
    E,incomprensibilmente per la logica umana, che sia uno studente argentino crudele o irrispettoso o un fratello prepotente e divertito sono proprio costoro gli strumenti inconsapevoli della verità.
    Ce lo dice Spinoza quando allude a qualcosa che deve essere compiuto necessariamente, come se una mano invisibile obbligasse l’esecutore del gesto violento ma liberatorio a compierlo senza titubanze, perchè la verità possa essere messa a nudo e, prima di tutto, a chi si sforza di nasconderla.
    Sarà infatti la vergogna, il senso del ridicolo o l’autocommiserazione che innesca la fuga, la quale farà approdare la vittima nei luoghi ben più reali e necessari dello spirito e delle energie sopite, quelle che permettono anche all’anima di uscire dal corpo e di vedersi dall’alto, in una sorta di viaggio astrale o trance sciamanica.
    E’ l’inizio del processo di guarigione, una guarigione “biunivoca”che avviene attraverso l’incontro della domanda con l’offerta, celebrato con la ritualità di una messa all’interno della grotta, solo ed unico luogo in cui ciò sarebbe potuto accadere.
    Da un lato infatti c’è il fervore del pellegrinaggio da parte di anime semplici che chiedono di essere risanate e confidano nell’uomo che vive da eremita in un luogo che si colora di sacralità,dall’altro un uomo disperatamente confuso, irritato dalla cattiveria della gente e costretto suo malgrado a subire altra gente che al contrario non lo deride ma lo ama e lo implora, attribuendo proprietà taumaturgiche proprio a quella “cosa” che nel mondo ordinario è fonte di sarcasmo.
    Trovata grottesca e grandiosa, come ogni fiaba o mito che si rispetti, in cui il difetto si trasforma in virtù.(vedi Pollicino, il brutto anatroccolo…)
    Allora Arduino costretto suo malgrado dall’amore e dalla fiducia che altri ripongono in lui si sorprende a piegarsi a quel sacrificio, offrendo la propria testa.
    Incredulo ma ogni giorno sempre un pò meno cinico accetta di essere strumento di guarigione, finchè quell’offrirsi come vittima non risana anche lui.
    Infatti tanta inattesa santità  lo rende oggetto di una così soffocante dedizione da  metterlo di fronte ad una svolta epocale. La riconoscenza lo confonde ancor più della derisione e dunque non gli resta che liberarsi della “cosa”, quel riporto attorno a cui si è costruita l’ossessione della sua vita.
    Se lo taglia finalmente, si libera di quell’inutile orpello , accetta di essere solo e semplicemente se stesso, privo ormai della forza che gli dava quel ciuffo di capelli buttato in avanti.
    Non si piace ma si accetta e tornando nel mondo ed incontrando un altro calvo che prima si radeva completamente ed ora invece si fa crescere il riporto di lato comprende che nella vita le abitudini possono cambiare e che ognuno è libero di affrontare le proprie insufficienze come meglio crede.
    Ciò che invece non cambia è il suo astio per la suocera che degenera in violenza conclamata, assieme ad una persistente estraneità alle ragioni degli altri, compresa la moglie che, presa  da fervore mistico, ha riempito in sua assenza il corridoio  di santi e madonne ed ora non è in casa perchè ha accompagnato una sua amica dal mago di Cingoli!
    Ad Arduino non resta che rimettere lo zaino in spalla e scappare di nuovo, non si sa  se in Lapponia come avrebbe voluto all’inizio di tutta la faccenda oppure di nuovo a Cingoli (là in fondo non stava poi così male…).

    L’autore è misterioso al riguardo, anche se fa vagamente supporre che ovunque vada sarà difficile per quest’uomo trovare un pò di pace perchè ci sarà sempre qualcosa che non gli andrà bene…, a meno di non trovarsi tutto solo tra i ghiacci eterni o d’imparare a non pretendere la perfezione nè da sè nè dagli altri

    P.S.
    mi pare che tra i due libri ci siano notevoli analogie, ma che nell’ultimo, quello della vacca, si respiri una maggiore serenità. In entrambi ci sono delle fughe da situazioni di disagio, figure femminili con cui il protagonista è in forte conflitto anche se con modalità diverse, un forte legame con un padre mite di cui si sente molto la mancanza, il tentativo di riparare alla perdita con qualcosa che comunque lo ricordi, scrivendolo nel proprio corpo,l’incontro con il mistero e l’infinito, con ciò che trascende la morte e la dolorosa incomprensibilità della vita e che, alla fine, opera una qualche forma di guarigione.
    Guarigione che, mentre nel libro meno recente del “riporto” è appena abbozzata, (come se nella stessa vita dell’autore ci fossero a quel tempo ombre troppo oscure),in quello successivo della “vacca” sembra essere pienamente riuscita.

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