Incontro 23 febbraio 2016
LA VIAGGIATRICE INCANTATA – materiali dispersi
Giovanni Di Nicola
La viaggiatrice incantata – Materiali dispersi è un frammento di diario, la scheggia di vita di una trentenne, Paola, costretta da un lavoro misterioso a un doppio pendolarismo, in Italia tra Rimini e Bologna, e ovunque per i cieli del mondo. Il diario fotografa le vicende della protagonista da un afoso ferragosto giapponese, a una surreale vigilia di Natale riminese. Vicende fatte di solitudine ed indipendenza, descrizioni di angoli di mondo, assurdità e dismissione. La religione sembra far parte del suo lavoro misterioso; anima strambi incontri con astronomi, biologi e fisici. Guida scelte cinematografiche. E così Paola ascolta la voce del mondo da Isoradio e vede scorrere la vita attraverso il parabrezza lucido della sua macchina nuova; pranza disincantata su un’altalena e dorme aiutandosi con la valeriana. L’umanità rimane all’esterno, estranea. Poi ci sono anche bottiglie di vino stappate ai piedi del divano Ikea, confidenze ad un amico che è anche un po’ amante, un ex che non riesce ad andarsene del tutto dalla testa, ed un’amica iperattiva. Il velo che avvolge la vita solitaria di Paola, viene però improvvisamente squarciato dalla lettura di un diario che presenta inquietanti similitudini con la sua infanzia. Un improvviso impulso la spinge ad interrompere la monotonia della sua vita e la porta alla ricerca del proprio passato. Compagna di viaggi fuori dal tempo, un’anziana amica della madre.
GIOVANNI DI NICOLA
La viaggiatrice incantata
un pensiero di Valeria Gramolini)
“Nuotando” tra le pagine di questo libro mi sono sentita come un pesce fuor d’acqua.
“Che ci faccio qui?”mi sono chiesta. E subito la mente è andata all’omonimo libro di Bruce Chawtin, altro viaggiatore d’altra tempra e d’altri tempi. Poi ho capito che non andava bene fare confronti e che avrei dovuto mettere da parte ogni idea di racconto di viaggio maturata leggendo Herman Hesse, Terzani o Marco Polo.
Non è infatti il viaggio il tema del libro, ma esso serve a rendere con efficacia quell’atmosfera di cosmopolitismo e di globalizzazione che fa da sfondo alla storia, o, ancora meglio, caratterizza la vita ed i pensieri della protagonista.
Paola infatti viaggia per lavoro e non per diletto o per conoscenza. A mandarla in lungo ed in largo per il mondo è il suo capo, anzi i suoi capi, i quali, come accade ormai sempre più spesso, si susseguono più velocemente di un cambio d’abiti di stagione.
Giovane dinamica e poliglotta, come ogni brava ragazza emancipata vola da sola, con agilità e sicurezza, per i cieli che sovrastano la terra, portandosi appresso PC e smartphone, che usa con grande abilità non solo nei tempi morti dei suoi spostamenti intercontinentali, ma anche in quelli del suo rientro alla base. E’ una trentenne perfettamente integrata con le richieste dei tempi: affari, velocità, competenze informatiche e… tailleur.
Non a caso vive a Rimini, e non nel profondo Sud, e reca in sè tutti gli stigmi dell’ottimismo romagnolo, pur non essendo soggiogata dal mito del produttivismo ad ogni costo. Vi partecipa infatti in maniera piuttosto critica, come osservando dall’esterno non solo il mondo che le ruota attorno, ma anche le sue stesse reazioni a quel mondo, che raccoglie in un diario.
A volte è insofferente ai meccanismi della routine e della iper-commercializzazione di qualsiasi prodotto possa servire a far soldi, altre sembra accettarli come necessari ed imprescindibili dai tempi. Di fronte alla enorme quantità di cose, eventi, situazioni, porzioni di realtà passate in rassegna. dall’occhio vigile ed attento di Paola, si comprende che il suo sguardo è realistico e disincantato, come a dire “se le cose stanno così e non possono essere diverse, perchè si deve pur vivere, tanto vale saperle dominare e farlo nel migliore dei modi.”
Indubbiamente ci riesce, ma c’è un prezzo da pagare. Paola infatti ha una vita scombinata dai fusi orari, da diete sballate, da mancanza di tempo o di voglia di dedicarsi a qualche passione, una vita che, pur così piena, non la salva da una sottile ma persistente solitudine.
Ha pochi amici, tra cui Stefano, amante occasionale con cui compensa il vuoto lasciato da un amore importante finito male. Il rapporto, disinvolto e disimpegnato come si usa oggi, è una combinazione di sesso ed amicizia, il che scarica tensioni e scalda un pò il cuore, ma non lenisce quella vaga.e sotteranea angoscia esistenziale che sempre ritorna nei tempi morti, tra una scorpacciata di dolce argentino, una bevuta di Nebbiolo, l’acquisto di una cianfrusaglia, o un viaggio.
Anche il magico mondo di Internet non placa definitivamente quell’irritazione di fondo. E’ vero, navigando, il tedio e la noia per un pò se ne vanno. Ci si possono passare ore ed ore nel cuore della notte scaricando film o pezzi musicali, notizie ed informazioni utili, audiolibri e frasi ad effetto, ma questo non basta. Il bisogno di calore umano permane e non si arresta che temporaneamente attraverso gli incontri della rete, ora intriganti, ora deludenti.
Dopo la ferita ancora bruciante a causa del suo ex, Paola procede cautamente con “Luca nuovo”, che pare essere sulla sua stessa lunghezza d’onda. Ora spera che le abbia inviato una e-mail, ora dubita del suo interesse, finchè, decisa finalmente a dare un taglio col passato, non comincia a coltivare la speranza che possa accadere davvero qualcosa di bello ed importante. Speranza che resterà accesa fino all’epilogo del libro, quando si concretizzerà in un incontro vero la notte della vigilia di Natale, il cui esito però non sarà eplicitato ma affidato alla fantasia del lettore.
La vita di Paola si muove a scatti, sia quando deve spostarsi per i suoi brevi viaggi di lavoro, sia quando compie l’atto di pensare, probabilmente come fanno migliaia di pendolari che ogni giorno vagano per autostrade o tangenziali per guadagnarsi il pane e riversarlo nelle casse dei centri commerciali, dei bar alla moda o degli happy hours.
Vite spezzate in mille frammenti che non si ricompongono mai, attraversate come sono da un’immane quantità di stimoli e suggestioni che impediscono di giungere a qualcosa di definito e risolutivo: un mondo di precarietà e di cose di breve durata. Tutto è vissuto non solo alla giornata , ma al momento, come le relazioni sentimentali, ambigue, doppie, leggere e non coinvolgenti.
Tutti i personaggi si rendono conto che c’è qualcosa che non quadra, che vacanze o acquisti sedano solo per un pò il disagio e l’inquietudine, tuttavia non si pongono il problema di come uscirne, forse perchè la domanda di senso non è poi così profonda.. Si lasciano semplicemente vivere. E, del resto, anche se lo volessero, come potrebbero cambiare le cose?
Basta guardarsi attorno per vedere che la macchina infernale è inarrestabile, tanto a Rimini quanto a Seul, che anche nel lontano oriente ogni tradizione s’è ormai persa, contaminata dal miraggio del progresso, del consumismo o del divertimento, e che più o meno consapevolmente, siamo tutti piccoli ingranaggi del sistema.
Paola vorrebbe che quei balzi di fuso orarario, tra notti insonni e diete sballate, le portassero almeno il piacere d’uno scambio umano meno formale o di circostanza. I suoi tempi sono così stretti da non permetterle di visitare luoghi e culture così come vorrebbe. Ciò accade solo molto raramente.
Per lo più invece deve accontentarsi di uno sguardo, di una fugace passeggiata, di un colpo d’occhio lanciato da un bar verso una strada affollata o, quando va bene, di uno scambio di frasi sconnesse con il suo contatto straniero sulle grandi e irrisolte questioni filosofiche: Dio, le leggi dell’universo, il pensiero di qualche intellettuale, il perchè dell’esistenza. Frammenti di discorsi che Paola registra nel suo diario, assieme a citazioni di canzoni, versi poetici, piccole banalità quotidiane: un flusso di idee turbolento, continuo e veloce.
Tutto si mescola: il serio ed il faceto, il profondo ed il leggero, alla stessa stregua di ogni prodotto globalizzato, perchè tanto, alla fine, la natura umana è la medesima ad ogni latitudine, ovunque ci si pone le stesse domande ed ovunque si trovano solo tentativi di risposte, anch’esse fondalmentalmente simili. A che serve dunque perdere tempo nella formulazione di grandi teorie e dotte argomentazioni, quando, alla fine della storia, nessun pensiero vale più di un altro?
Forse è proprio questa la conclusione a cui giunge il grande navigatore della rete, che apre e chiude compulsivamente siti o blog tanto diversi tra loro, passando senza mediazioni di sorta dall’astronomia all’astrologia, dalla medicina alle ricette di cucina In rapida sequenza finestre si aprono e si sovrappongono, spinti dalla curiosità si entra, si esce e ci si infila in un’altra porta, finchè, dopo giorni, mesi ed anni di questa ginnastica cerebrale, anche il pensiero assume quel ritmo.
Gli impulsi della mente guizzano lungo i condotti cerebrali e mille e più parole e visioni si accendono simultaneamente come le lucette intermittenti degli addobbi natalizi o delle insegne pubblicitarie.
Il diario di Paola ha questo andamento formale, questo linguaggio schizofrenico, almeno per tutta la prima parte del libro, finchè non si manifesta anche il suo alter-ego. E, a questo punto, anch’io mi rilasso, trovando qualcosa in comune con lei e, soprattutto, un linguaggio per me più abbordabile.
Paola dà qualche segno di cedimento. Comincia ad accorgersi che la pur disordinata ed eccitante ritualità dei suoi gesti non le basta. Non le bastano i viaggi, gli amici, l’intimità aleatoria col suo PC, gli acquisti, il sesso mordi e fuggi o altri ammiccamenti….Ha invece bisogno di sedarsi, di darsi del tempo per ritrovarsi. Allora vagheggia i cieli d’Irlanda o qualche momento della sua infanzia, della sua storia segnata dalla assenza del padre e dalla perdita prematura della madre.
A catalizzare questo cambiamento di rotta latente è un libro trovato casualmente, che accende in lei il desiderio di una pienezza più vera e non surrogata dalle infinite compensazioni della rete. La storia raccontata in quel libro è così simile alla sua che vi si perde completamente, come in un abbraccio caldo. Forse ha una sorella di cui non ha mai saputo nulla. Che bello sarebbe se fosse vero!
Pur cambiando il tono del racconto l’autore non si dilunga nè in psicolgismi nè in melense malinconie, ma va subito al dunque introducendo la figura di Lucia ed usando periodi più lunghi e distesi.. La donna è una vecchia amica della madre e con essa Paola si aggira tra i ricordi di un passato nebbioso, e tuttavia denso di gesti ponderati e di significati. Dunque la ricerca ha inizio. Ancora su e giù per l’autostrada ma stavolta da Termoli a Spello, verso un Italia più intima e provinciale, quella che ci vuole per riaccendere i sentimenti in prossimità del Natale, quando tutti, benchè catturati dalla solita frenesia consumistica, si volgono verso una qualche dimensione più autentica, che forse ancora persiste nel profondo.
La ricerca si rivela infruttuosa. Forse si trattava solo di una pia illusione, però almeno è servita a rispolverare stati d’animo sopiti, affetti e tenerezze che scaldano il cuore e danno un pò più di senso ai giorni.
Lucia, buffa e grottesca nel suo tentativo di adeguarsi ai tempi moderni mentre armeggia con l’incomprensibile telefonino, può allora diventare una compagna di avventure. Paola la invita ad andare con lei in Iran, per un vero viaggio di conoscenza. Ma Lucia è troppo grande e la proposta cade nel vuoto. Il divario generazionale non permette di condividere esperienze troppo impegnative, bensì solo un tuffo nel passato ed un gospel natalizio.
Paola osserva con bonaria e paziente condiscendenza questa anziana signora che ora si cala divertita e un pò patetica nelle vesti della signora Fletcher, ora reiterpreta maldestramente antichi ruoli casalinghi, suscitando in Paola una tenerezza nuova.
A questo punto del testo comincio anch’io a sentirmi a casa.
Mentre invidio a Lucia la proposta del viaggio in Iran e dico a me stessa ”…avessi anch’io una giovane amica che mi offre un viaggio…”, non posso fare a meno di sorridere pensandomi alle prese con quegli stessi gesti: accendere la stufa a legna, fare il pane e la marmellata di mele cotogne.
E, pur sentendomi meno maldestra di Lucia, se non altro perchè credo d’avere qualche annetto di meno, immagino quanto potrebbe essere bello e proficuo questo scambio generazionale, in cui entrambe le parti avrebbero di che guadagnarci. I giovani potrebbero rallentare un poco quella corsa verso il nulla, in cui sembrano precipitare, ancorandosi alle radici dei vecchi, e questi potrebbero germogliare di nuovo nutrendosi di quella giovane linfa, e sentirsi un pò meno tagliati fuori dalla vita.
Non so se l’autore avesse l’intento di suggerire questa riflessione nel lettore. I temi sollevati, pur così frammentariamente e sinteticamente, sono numerosi, ma a me piace leggervi proprio quel messaggio.
Voglio credere che il senso di inadeguatezza provata per tutta la prima parte, di fronte agli inglesismi, alle citazioni di autori sconosciuti e incomprensibili, alle frasi tronche e sconnesse, ai termini dell’informatica (divenutami tanto più irritante quanto più obbligata, per non sentirsi esclusi dalla modernità che avanza a velocità supersonica), quel senso di irritazione, dicevo, per la grande distanza tra il mio mondo e quello descritto con così tanto realismo dal giovane autore, dovesse proprio dissolversi con l’arrivo di Lucia sulla scena.
Non si può certamente condividere tutto, però ci si può avvicinare un pò di più gli uni agli altri, scambiandosi esperienze, valori, sensibilità, e magari darsi anche reciprocamente una mano, anche se non ci legano rapporti di sangue.
L’autore non è esplicito nè polemico al riguardo, ma mostra semplicemente uno spaccato di vita reale e plausibile. Tuttavia, tra le righe, credo che suggerisca un modo per far sì che i buoni sentimenti non siano presenti solo a Natale.
Si tratta solo di far sì che quel movimento in lungo ed in largo nello spazio , verso il futuro, ceda un pò di posto al tempo e ai ricordi, e che lo stesso faccia la superficialità con la profondità, l’aridità con la tenerezza.