8 giugno incontro GdL

Delizioso! Siamo a Venezia, Olimpia è una ragazza benestante ma che si vuole guadagnare da sola quello che ha. Ama i libri al punto di farne i suoi migliori amici, perdendosi tra le loro pagine. Un giorno per ripararsi dalla pioggia entra per caso nella libreria antiquaria del signor Anselmo e tra i due l'intesa è subito perfetta. Olimpia è sempre più interessata ai libri proibiti, quelli messi nell'Indice dalla chiesa, cioè i libri che a partire dal 1550 erano ritenuti proibiti perchè trattavano temi inaccettabili. Il signor Anselmo ha da sempre una passione sfrenata per le poesie di Veronica Franco, una prostituta del '500 le cui pubblicazioni erano state ovviamente messe al bando. Olimpia inizia ad imparare il mestiere nella bottega anche se i genitori non sono molto d'accordo, ma grazie all'intervento di una cara amica della ragazza, Peggie, una nobildonna che frequenta i salotti della madre, Olimpia inizia a lavorare nella bottega. Assieme a lei c'è anche un altro apprendista, Davide, il nipote del signor Anselmo, e tra i due c'è subito un rapporto particolare, dove Olimpia è da subito attratta da Davide ma lui sembra interessato a tutte le ragazze tranne che lei, probabilmente anche per via della differenza d'età. Le cose vanno avanti a questo modo per un po', fino a quando tra Olimpia e Davide scoppia la passione, ma si fidanzano solo per poco tempo perchè dal passato torna una ex di Davide e li dividerà. Olimpia soffre troppo per questa situazione e decide di andare a studiare i libri antichi a Parigi. Passano gli anni, ed il signor Anselmo lascia in eredità ad Olimpia alcune scritture inedite di Veronica Franco. Da questo momento Olimpia non può fare a meno di cercare di scoprire da dove provengono questi scritti e come il suo mentore ne era entrato in possesso, ma sembra che nessuno abbia risposta a questo quesito. Olimpia intanto si fa strada nel mondo dei libri antichi a Parigi e con lei ci sono due fidati amici.. (Liz Matutteame)

27 aprile – incontro GdL (rinviato)

Un Capodanno come tanti ma non proprio. Quattro sconosciuti si incontrano e si scontrano per caso in cima alla Casa dei Suicidi, desiderosi di farla finita per sempre.
Non si conoscono, ignorano desideri e dolori altrui ( se non in quel momento ), una sola certezza , vite sfuggite al proprio controllo, irriguardose e modeste, costruite su tradimenti, solitudine, prigionia, noncuranza, figlie di una disillusione acclarata ad accomunare esperienze del tutto ( ma non proprio ) diverse.
Martin, star televisiva, assaggiata la galera per una storia di sesso con una minorenne, ha abbandonato la famiglia, Jess è stata mollata dal fidanzato, ha una famiglia assente ed affranta della misteriosa scomparsa della sorella, Maureen è una madre sola che ha trascorso ogni istante della propria vita al capezzale del figlio Matt, affetto da una malattia invalidante, JJ ha riposto da tempo il proprio auspicato ingresso nella popolarità musicale ritrovandosi a consegnare pizze a domicilio.
Le loro vite sono tramontate definitivamente in quel preciso istante, su quell’ ultimo piano, nessuna alternativa o via di fuga, sospinti da una pulsione irrefrenabile verso un gesto estremo e poco consolatorio.
Ciascuno pare essere pronto, ma improvvisamente, specchiandosi nell’ altro, non si riconosce se non riappropriandosi della speranza di evitargli una fine anche propria.
È l’ inizio di altro, e 90 giorni ( tempo limite per metabolizzare ed evitare l’ idea del suicidio ) di introspezione e condivisione, una terapia di gruppo per anime solitarie, il tempo necessario per scongiurare eccessi smodati, leggersi dentro e ritrovare se stessi, rimuovendo il passato nefasto.
Un rapporto, il loro, che parrebbe impossibile, figli di generazioni e classi sociali diverse con caratteri, gusti e linguaggi inconciliabili oltre che motivazioni contrapposte.
In questo viaggio psico emozionale, tra turpiloquio protratto e molesto ( Jess) ed una cinica ironia sdrammatizzante ( Martin ), un senso di inadeguatezza ed esaurimento ( Maureen ) ed una completa disillusione per vita ed amore ( JJ ), c’è ancora una possibilità ed un punto di incontro, che la vita riservi a ciascuno un senso ritrovato ed un fine negato o solo interrotto.
Qualcosa da tempo si è rotto, stentano a riconoscerlo o ne negano l’ evidenza, da tempo smarriti, anestetizzati, inconsapevoli, chi avendo inseguito desideri fuorvianti, chi fagocitato dalla celebrità, chi sommerso dal dolore famigliare e da un perbenismo nauseabondo, chi troppo idealista o soffocato da una quotidianità muta e da uno stillicidio di una vita non vita.
Ed allora che cosa rimane? Un vago ricordo, attimi di felicità, progetti interrotti, un vuoto esistenziale ormai scoperchiato e manifesto. Ciascuno, come sovente accade, ha elevato il proprio mondo a regola generale, ha fatto di se’ una vittima sacrificale, puntando il dito contro un nemico spesso invisibile, il proprio io.
L’ osservare e l’entrare nella pelle altrui, il confronto anche aspro con il diverso, il leggersi dentro, riconsegneranno senso e consapevolezza.
Un romanzo che insegue e ben rappresenta velocità, azione, turpiloquio, cinismo e superficialità emozionale, ( tratti tipici dell’ autore ), figli dei vizi ormai acquisiti di una contemporaneità un po’ schizofrenica, maldestra e poco pensante, ma anche il dolore della perdita, la paura della solitudine, una introspezione non banalizzata, per ritrovare, sull’ orlo del baratro, la possibilità di una rivisitazione con annessa redenzione.
Una domanda ed un dubbio, con vista sull’ oggi: che ormai sia troppo tardi?

30 marzo 2021 – incontro GdL

Via del Corno è troppe cose per essere solo una strada: in quei cinquanta metri privi di marciapiedi e di interesse, esclusi dal traffico e dalla curiosità, ci si può imbattere nel meglio e nel peggio del mondo, in cuori e cervelli malati di ossessioni e desideri, ma soprattutto nell'autenticità di un gruppo di persone che usa dire "noi". Via del Corno "è tutta udito", e anche quando le finestre sono chiuse, le vicende, le rivalità, gli amori di uomini e donne si intersecano, si mischiano, trapassano da muro a muro. Finché, inevitabilmente, si confondono con il secolo e i suoi eventi: il Duce, il regime, la violenza politica, la repressione. Pratolini diceva che via del Corno – e lui la conosceva bene, per averci abitato da ragazzo – era la sua Aci Trezza, la sua epica popolare. Il romanzo che le dedicò nacque mentre l'autore lavorava con Rossellini alla sceneggiatura di Paisà: aveva il cinema neorealista "addosso" e lo trasferì su pagina, facendo della Firenze degli anni Venti l'icona indimenticabile di un mondo dolente ma vivo, dove la speranza era ancora accesa. Prefazione di Walter Siti.

Alcuni commenti.

Luca – Un romanzo corale stupendo, che rappresenta in modo mirabile, a tratti poetico e toccante, la miseria, il dolore, la speranza, la gioia, insomma, la vita della persone che abitano una piccola strada di Firenze tra le due Guerre. In generale, consiglio a tutti di leggere Pratolini, perché scrive in un bellissimo italiano, come solo i grandi scrittori sanno fare.

Deijijv Un magnifico affresco della vita in un quartiere popolare di Firenze negli anni dell’ascesa del fascismo.

 

Il mondo del quartiere, la rappresentazione corale della vita di un rione popolare di Firenze: il libro di Pratolini è una favola moderna ma dall'ossatura antica, che si richiama alla novella boccaccesca, dove il vero protagonista è proprio lui, il quartiere di Sanfrediano. Qui le ragazze spasimano e si dannano tutte per lo stesso dongiovanni, "Bob" (dalla sua somiglianza con Robert Taylor), ma quando una delle innamorate gabbate, la Tosca, scopre il doppio gioco del ragazzo, decide di organizzare una beffa destinata a dargli una lezione una volta per tutte. Con un ritmo narrativo agile e brioso e un lessico ispirato al vernacolo fiorentino, Vasco Pratolini accompagna il lettore in una vicenda ricca di ironia, dove il contrappasso e la farsa scandiscono le storie dei protagonisti.

Alcuni commenti

Liberandoci Firenze, 1948: il dopoguerra è un momento di ricostruzione, ricreazione, nuova vita. La gente riprende le proprie attività e la vita di quartiere rinasce. Sanfrediano è un rione popolare di Firenze, popolato da gente semplice e verace, persone che tra le prime si sono ribellate al fascismo. Tra loro, il "partigiano" Aldo, detto Bob per la sua somiglianza con l'attore Robert Taylor, è il rubacuori del quartiere e riesce a tenere sulle spine anche cinque ragazze contemporaneamente. La vita gli sorride e le donne stravedono per lui, finché non decidono di…. Vasco Pratolini, considerato uno dei grandi autori della letteratura italiana del Novecento, con questo romanzo riesce, grazie a una scrittura agile e ironica, a ricostruire la vita di quartiere e a trasportare il lettore in un mondo che sta scomparendo. Un piccolo gioiello, che non dovrebbe mancare in una libreria ben fornita.

26 gennaio 2021 – incontro Gruppo di Lettura

La leggenda del ragazzo che credeva nel mare

 Salvatore Basile

Quando si tuffa Marco si sente libero. Solo allora riesce a dimenticare gli anni trascorsi tra una famiglia affidataria e l’altra. Solo allora riesce a non pensare ai suoi genitori di cui non sa nulla, non fosse che per quella voglia a forma di stella marina che forse ha ereditato da loro. Ma ora Marco ha paura del mare. Dopo un tuffo da una scogliera si è ferito a una spalla e vede il suo sogno svanire. Perché ora non riesce più a fidarsi di quella distesa azzurra. Perché anche il mare lo ha tradito, come hanno sempre fatto tutti nella sua vita. Eppure c’è qualcuno pronto a dimostrargli che la rabbia e la rassegnazione non sono sentimenti giusti per un ragazzo. È Lara, la sua fisioterapista, che si affeziona a lui come nessuno ha mai fatto. Lara è la prima che lo ascolta senza giudicarlo. Per questo Marco accetta di andare con lei nel paesino dove è nata per guarire grazie al calore della sabbia e alla luce del sole. Un piccolo paesino sdraiato sulla costa dove si vive ancora seguendo il ritmo dettato dalla pesca per le vie che profumano di salsedine. Quello che Marco non sa è il vero motivo per cui Lara lo ha portato proprio lì. Perché ci sono segreti che non possono più essere nascosti. Perché per non temere più il mare deve scoprire chi è veramente. Solo allora potrà sporgersi da uno scoglio senza tremare, perché forse a tremare sarà solo il suo cuore, pronto davvero a volare.
Salvatore Basile con il suo romanzo d’esordio, Lo strano viaggio di un oggetto smarrito, ha emozionato migliaia di lettori. A due anni dall’uscita ecco una nuova imperdibile storia. Un ragazzo senza radici in cerca di sé stesso. Il fascino del mare e i mille segreti che nasconde. La forza di un passato che vuole uscire dal silenzio per regalare speranza e voglia di rischiare ancora.

 

Borgo Sud

 Donatella Di Pietrantonio

«C'era qualcosa in me che chiamava gli abbandoni.»

 con un romanzo teso e intimo, intenso a ogni pagina, capace di tenere insieme emozione e profondità di sguardo.L'ArminutaÈ il momento più buio della notte, quello che precede l'alba, quando Adriana tempesta alla porta con un neonato tra le braccia. Non si vedevano da un po', e sua sorella nemmeno sapeva che lei aspettasse un figlio. Ma da chi sta scappando? È davvero in pericolo? Adriana porta sempre uno scompiglio vitale, impudente, ma soprattutto una spinta risoluta a guardare in faccia la verità. Anche quella piú scomoda, o troppo amara. Cosí tutt'a un tratto le stanze si riempiono di voci, di dubbi, di domande. Entrando nell'appartamento della sorella e di suo marito, Adriana, arruffata e in fuga, apparente portatrice di disordine, indicherà la crepa su cui poggia quel ma-trimonio: le assenze di Piero, la sua tenerezza, la sua eleganza distaccata, assumono piano piano una valenza tutta diversa. Anni dopo, una telefonata improvvisa costringe la narratrice di questa storia a partire di corsa dalla città francese in cui ha deciso di vivere. Inizia una notte in-terminabile di viaggio – in cui mettere insieme i ricordi –, che la riporterà a Pescara, e precisamente a Borgo Sud, la zona marinara della città. È lí, in quel microcosmo cosí impenetrabile eppure cosí accogliente, con le sue leggi indiscutibili e la sua gente ospitale e rude, che potrà scoprire cos'è realmente successo, e forse fare pace col passato. Donatella Di Pietrantonio torna dopo 

 

15 dicembre 2020 – incontro GdL


Edith e Andrea, una giovane un po' trasgressiva e un capitano molto rigoroso, si incontrano per caso su un traghetto, tra Venezia e la Grecia. Un evento minimo dei tanti di cui è fatta la vita. Ma la loro cambia per sempre. Dapprima c'è il rifiuto: come possono, loro così diversi, sentirsi attratti una dall'altro? Poi le fasi alterne di un amore dapprima clandestino, le avventure di una lunga separazione, il pericolo di un segreto, una felicità inattesa e una grande prova… E infine l'isola, piena di vento e di luce, dove i due vanno ad abitare ristrutturando una vecchia casa abbandonata. L'isola dove ora Andrea si ritrova solo. I dialoghi veramente importanti, però, non si esauriscono mai: mentre la cura quotidiana del giardino e delle api dell'amata moglie lo aiuta a tornare alla vita, Andrea continua a parlare con lei. Le racconta, con tenerezza e passione, la loro grande storia d'amore. E le promette che ritroverà la figlia, Amy, che da troppo tempo ha interrotto i rapporti con i genitori. Forse è possibile ricominciare, riscoprirsi famiglia, nonostante i dispiaceri e le scomode verità? Una storia che ci pone domande fondamentali: sui legami che forgiamo tra le anime, sulla nostra capacità di cambiare, sul destino che unisce e separa. Quando ci sembra di aver perso la capacità di stupirci, cercare la luce, prenderci cura, è il cuore che tace o solo noi che non lo sappiamo ascoltare?


Quando, durante uno scavo archeologico, vengono rinvenute alcune ossa umane, uno sperduto campo della black country si trasforma improvvisamente nella complessa scena di un crimine per la detective Kim Stone. Non appena le ossa vengono esaminate diventa chiaro che i resti appartengono a più di una vittima. E testimoniano un orrore inimmaginabile: ci sono tracce di fori di proiettile e persino di tagliole da caccia. Costretta a lavorare fianco a fianco con il detective Travis, con il quale condivide un passato che preferirebbe dimenticare, Kim comincia a investigare sulle famiglie proprietarie e affittuarie dei terreni del ritrovamento. E così, mentre si immerge in una delle indagini più complicate mai condotte, la sua squadra deve fare i conti con un’ondata di odio e violenza improvvisa. Kim intende scoprire la verità, ma quando la vita di una sua agente viene messa a rischio, dovrà capire come chiudere al più presto il caso, prima che sia troppo tardi.

3 novembre – incontro GdL

DUE ROMANZI LE SONO SERVITI A PRENDERE LE MISURE. POI, VIOLA ARDONE HA COMINCIATO A LAVORARE A UNA STORIA DIMENTICATA TROPPO IN FRETTA. QUELLA DI TANTI BAMBINI DI NAPOLI, DEL SUD DELL’ITALIA USCITO DALLA SECONDA GUERRA MONDIALE CON LE STIGMATE DELLA MISERIA E DELLA FAME IMPRESSE NELLE PROPRIE CARNI, CHE VENIVANO OSPITATI PER LUNGHI PERIODI DA FAMIGLIE DELL’EMILIA-ROMAGNA, DELLE MARCHE. UN PROGETTO ORCHESTRATO DAL PARTITO COMUNISTA E DALL’UNIONE DONNE ITALIANE, CHE PRESE FORMA TRA IL 1946 E IL 1952. COINVOLGENDO RAGAZZINI DI STRADA, SENZA GENITORI, OPPURE RIMASTI DA SOLI CON LA MAMMA SENZA PAPÀ.

Da quella storia, da un’appassionata ricerca, ha preso forma “Il treno dei bambini”, che è diventato subito un caso letterario internazionale. Tanto che il romanzo di Viola Ardone, napoletana, docente in un Liceo scientifico, che ha debuttato da scrittrice nel 2012 con “La ricetta dei cuori in subbuglio”, seguito nel 2016 da “Una rivoluzione sentimentale”, ha conquistato i più qualificati editori presenti alla Buchmesse di Francoforte l’anno scorso. I diritti di pubblicazione sono stati acquistati da ben 19 Paesi sparsi nel mondo, dagli Stati Uniti alla Cina. E perfino il cinema ha messo gli occhi addosso a questa storia intensa e bellissima.

La guerra è finita da un anno appena quando Amerigo Speranza deve abbandonare all’improvviso la sua misera casa, il rione di Napoli dove ha imparato a difendersi dalla vita, la mamma che non sa mai regalargli una carezza, ma fa l’impossibile perché la sua adolescenza non si accorga troppo dell’assenza del padre, della quotidiana scarsità di cibo, dei vestiti rattoppati come può. Assieme a migliaia di altri bambini viene caricato a bordo di treni lanciati verso il Nord. Verso un’Italia che ha accettato di condividere quel po’ di carne, di pasta, di pane in più che può portare in tavola con chi, ogni giorno, deve fare i conti con i tormenti della fame. Con la triste abitudine di abbandonare presto la scuola, per imparare le regole che governano il mondo seguendo il duro decalogo della strada.

Ma il viaggio del “Treno deo bambini” sarà tutt’altro che una scampagnata. Perché è organizzato dalle strutture del Pci. Perché l’Italia è ancora profondamente ferita dalla guerra civile che ha contrapposto i fascisti irriducibili e i partigiani. Perché c’è chi va in giro a dire che la democrazia ha scalzato la monarchia imbrogliando i conteggi dei voti nei seggi elettorali. E la propaganda vocifera, senza troppi complimenti, che i ragazzini finiranno dritti dritti in qualche postaccio dell’Unione Sovietica. Sempre che i comunisti cattivi non se li mangino prima.

29 settembre 2020 – incontro GdL

Tra momenti di gravità e «sgravità», microidee scartate, cassapanche che custodiscono il passato e rassicuranti oggetti della vita quotidiana il narratore di Bravi racconta con levità, appunto, una storia di non poco peso.

«Con tutte le cose che  succedono al mondo era successa anche questa». Si raccontano in questo romanzo le avventure tragicomiche di Anteo Aldobrandi e le sue levitazioni, iniziate un bel giorno senza preavviso all'età di quattordici anni. Sono passati trent'anni: da allora non ha mai smesso di levitare e di sperimentare quella forza cosmica che lo tira su. Un giorno, però, sempre senza preavviso, un postino gli consegna una busta verde pastello contenente una denuncia della sua ex moglie. Da quel giorno Anteo si trova a dover fare i conti con una realtà sempre più schiacciante. Tenta di tutto per tornare a levitare, ma fallisce ogni volta, mentre le buste verde pastello, che continuano ad arrivargli una dietro l'altra, lo tengono sempre più ancorato alla terra, invischiato in un processo penale di cui non capirà mai fino in fondo le accuse. Tuttavia, come dice il suo amico orologiaio, l'arte della levitazione non si perde mai: «ti sembra che scompaia, ma alla fine, quando meno te l'aspetti, te la ritrovi sotto i piedi».

 

 

 

 

 

"Il mio corpo aveva assorbito il cibo del Führer, il cibo del Führer mi circolava nel sangue. Hitler era salvo. Io avevo di nuovo fame"

La prima volta in cui Rosa Sauer entra nella stanza in cui dovrà consumare i suoi prossimi pasti è affamata. «Da anni avevamo fame e paura», dice. Siamo nell'autunno del 1943, a Gross-Partsch, un villaggio molto vicino alla Tana del Lupo, il nascondiglio di Hitler. Ha ventisei  anni, Rosa, ed è arrivata da Berlino una settimana prima, ospite dei genitori di suo marito Gregor, che combatte sul fronte russo. Le SS posano sotto ai suoi occhi un piatto squisito: «mangiate» dicono, e la fame ha la meglio sulla paura, la paura stessa diventa fame. Dopo aver terminato il pasto, però, lei e le altre assaggiatrici devono restare per un'ora sotto osservazione in caserma, cavie di cui le SS studiano le reazioni per accertarsi che il cibo da servire a Hitler non sia avvelenato. Nell'ambiente chiuso di quella mensa forzata, sotto lo sguardo vigile dei loro carcerieri, fra le dieci giovani donne si allacciano, con lo scorrere dei mesi, alleanze, patti segreti e amicizie. Nel gruppo Rosa è subito la straniera, la "berlinese": è difficile ottenere benevolenza, tuttavia lei si sorprende a cercarla, ad averne bisogno. Soprattutto con Elfriede, la ragazza più misteriosa e ostile, la più carismatica. Poi, nella primavera del '44, in caserma arriva un nuovo comandante, Albert Ziegler. Severo e ingiusto, instaura sin dal primo giorno un clima di terrore, eppure – mentre su tutti, come una sorta di divinità che non compare mai, incombe il Führer – fra lui e Rosa si crea un legame speciale, inaudito.

 

Il mare è agitato e le bandiere rosse sventolano sulla spiaggia. Il piccolo Michele ha corso a perdifiato per tornare presto da scuola, ma quando apre la porta della sua casa, nella piccola stazione di Miniera di Mare, trova sua madre di fronte a una valigia aperta. Fra le mani tiene il diario segreto di Michele, un quaderno rosso con la copertina un po' ammaccata. Con gli occhi pieni di tristezza la donna chiede a suo figlio di poter tenere quel diario. Lo ripone nella valigia, promettendo di restituirlo. Poi, sale sul treno in partenza dalla banchina. Sono passati vent'anni da allora. Michele vive ancora nella piccola casa dentro la stazione ferroviaria. Addosso, la divisa di capostazione di suo padre. Negli occhi, una tristezza assoluta, profonda e lontana. Perché sua madre non è mai più tornata. Michele vuole stare solo, con l'unica compagnia degli oggetti smarriti che ritrova ogni giorno nell'unico treno che passa da Miniera di Mare. Perché gli oggetti non se ne vanno, mantengono le promesse, non ti abbandonano. Finché un giorno, sullo stesso treno che aveva portato via sua madre, Michele ritrova il suo diario, incastrato tra due sedili. Non sa come sia possibile, ma sente che è sua madre che l'ha lasciato lì. Per lui. Ora c'è solo una persona che può aiutarlo: Elena, una ragazza folle e imprevedibile come la vita, che lo spinge a salire su quel treno e ad andare a cercare la verità. E, forse, anche una cura per il suo cuore smarrito.  

Incontro Gruppo di Lettura 30 giugno 2020

L' animale femmina –  Emanuela Canepa

«Per molto tempo non ho avuto il coraggio di farlo. Poi mi sono detta che dovevo tentare, e alla fine ci sono riuscita. Perché sapevo che là dentro sarei morta. E io invece volevo vivere»

Rosita è scappata dal suo malinconico paese, e dal controllo asfittico della madre, per andare a studiare a Padova. Sono passati sette anni e non ha concluso molto. Il lavoro al supermercato che le serve per mantenersi l'ha penalizzata con gli esami e l'unico uomo che frequenta, al ritmo di un incontro al mese, è sposato. Ma lei è abituata a non pretendere nulla. La vigilia di Natale conosce per caso un anziano avvocato, Ludovico Lepore. Austero, elegante, enigmatico, Lepore non nasconde una certa ruvidezza, eppure si interessa a lei. La assume come segretaria part time perché possa avere piú soldi e tempo per l'università. In ufficio, però, comincia a tormentarla con discorsi misogini, esercitando su di lei una manipolazione sottile. Rosita la subisce per necessità, o almeno crede. Non sa quanto quel rapporto la stia trasformando. Non sa che è proprio dentro una gabbia che, paradossalmente, si impara a essere liberi.

Incontro GDL del 26 maggio

Uscito nel maggio del 1954, Il prete bello riscuoterà un clamoroso successo. E rileggendolo oggi, quando ormai le etichette impugnate per celebrarlo o denigrarlo sono alle nostre spalle, ci accorgiamo che il suo segreto sta tutto in quella genesi: nella festosa eccentricità dei personaggi che popolano un labirintico e fiabesco caseggiato nella Vicenza del 1940, e di colui che saprà stregarli tutti: don Gastone, il «prete bello». Personaggi quali la ricca signorina Immacolata, con i suoi strani cappellini a piume e l’occhialino d’oro cesellato; le Walenska, madre e figlia, che si scaldano ingrandendo con una enorme lente l’unico raggio di sole che al tramonto penetra nella loro stanza; il cav. Esposito, che tiene sotto chiave le cinque figlie concupiscenti; Fedora, la cui rigogliosa natura si spande dagli occhi e da tutto il corpo, quasi che «dai pori uscisse un polline dolciastro»; e la cenciosa banda di ragazzi truffaldini e sentimentali che nei vicoli e sotto i portici cercano ogni giorno di sopravvivere trasformandosi in ladri, ruffiani e mendicanti – in particolare Sergio, il narratore, e il suo amico Cena. In tutti loro, nelle vene e nel sangue, l’atletico, elegante, vanesio don Gastone si infiltra come una passione oscura, violenta ma capace di dare improvvisamente vita – e come nel Ragazzo morto e le comete ci troviamo di fronte a «una sostanza poetica che ribolle e rifiuta di assestarsi entro schemi definiti» (Eugenio Montale).

 

Sul fianco scosceso di Kujira-yama, la Montagna della Balena, si spalanca un immenso giardino chiamato Bell Gardia. In mezzo è installata una cabina, al cui interno riposa un telefono non collegato, che trasporta le voci nel vento. Da tutto il Giappone vi convogliano ogni anno migliaia di persone che hanno perduto qualcuno, che alzano la cornetta per parlare con chi è nell'aldilà. Quando su quella zona si abbatte un uragano di immane violenza, da lontano accorre una donna, pronta a proteggere il giardino a costo della sua vita. Si chiama Yui, ha trent'anni e una data separa quella che era da quella che è: 11 marzo 2011. Quel giorno lo tsunami spazzò via il paese in cui abitava, inghiottì la madre e la figlia, le sottrasse la gioia di essere al mondo. Venuta per caso a conoscenza di quel luogo surreale, Yui va a visitarlo e a Bell Gardia incontra Takeshi, un medico che vive a Tokyo e ha una bimba di quattro anni, muta dal giorno in cui è morta la madre. Per rimarginare la vita serve coraggio, fortuna e un luogo comune in cui dipanare il racconto prudente di sé. E ora che quel luogo prezioso rischia di esserle portato via dall'uragano, Yui decide di affrontare il vento, quello che scuote la terra così come quello che solleva le voci di chi non c'è più. E poi? E poi Yui lo avrebbe presto scoperto. Che è un vero miracolo l'amore. Anche il secondo, anche quello che arriva per sbaglio. Perché quando nessuno si attende il miracolo, il miracolo avviene. Laura Imai Messina ci conduce in un luogo realmente esistente nel nord-est del Giappone, toccando con delicatezza la tragedia dello tsunami del 2011, e consegnandoci un mondo fragile ma denso di speranza, una storia di resilienza la cui più grande magia risiede nella realtà.

Incontro GdL 7 aprile 2020

Ci incontriamo in teleconferenza, via Messanger, alle ore 21

La vita di Violette è uguale a quella di tante bambine. Due fratelli, Jean e Augustin, una madre premurosa, un padre completamente assorbito dal lavoro. Un cane, Javert, conosciuto per caso e amato all'istante. E tante case: la prima a Roma, poi a Parigi, infine a Plouzané, in Bretagna, a pochi metri dal mare, il posto migliore per curare le ferite dei sogni non realizzati. Le giornate di Violette corrono leggere, come quelle di tanti bamb ini, tra passeggiate, chiacchiere, giochi e letture. Le notti sono diverse. Perché Violette non dorme, cammina al buio, i piedi scalzi, l'abito celeste. Riempie le ore contando i libri dei genitori, tremilaottocentosettantotto per l'esattezza, sistema tutti i ricordi nel "ricordario", per non perderli più. E ogni giorno guarda il mondo e lo vede cambiare, le persone vanno a una velocità differente, crescono, invecchiano, spariscono. Invece lei rimane sempre la stessa, le stesse mani, lo stesso viso. Perché Violette è la bambina che non c'è. Non è mai nata, è il desiderio perfetto di tutti loro, mamma, papà, Jean e Augustin. Eppure vive, ride, corre, esiste, almeno fino a quando qualcuno continuerà a pensarla. Sul confine magico che divide la realtà dal sogno, Violette ci racconta il suo mondo con una leggerezza allegra e malinconica, raccogliendo gli attimi, le emozioni e i gesti che nessuno riuscirebbe mai a immaginare.  

 

Emmanuel Carrère L'avversario

"Il 9 gennaio 1993 Jean-Claude Romand ha ucciso la moglie, i figli e i genitori, poi ha tentato di suicidarsi, ma invano. L'inchiesta ha rivelato che non era affatto un medico come sosteneva e, cosa ancor più difficile da credere, che non era nient'altro. Da diciott'anni mentiva, e quella menzogna non nascondeva assolutamente nulla. Sul punto di essere scoperto, ha preferito sopprimere le persone il cui sguardo non sarebbe riuscito a sopportare. È stato condannato all'ergastolo. Sono entrato in contatto con lui e ho assistito al processo. Ho cercato di raccontare con precisione, giorno per giorno, quella vita di solitudine, di impostura e di assenza. Di immaginare che cosa passasse per la testa di quell'uomo durante le lunghe ore vuote, senza progetti e senza testimoni, che tutti presumevano trascorresse al lavoro, e che trascorreva invece nel parcheggio di un'autostrada o nei boschi del Giura. Di capire, infine, che cosa, in un'esperienza umana tanto estrema, mi abbia così profondamente turbato – e turbi, credo, ciascuno di noi." (Emmanuel Carrère)

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Arnoldo Foa legge Leopardi

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