Incontro 22 marzo 2012

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Qualche notizia relativa ai pittori di cui si parlerà nel prossimo incontro.

Macchiaioli

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.

Il termine venne coniato nel 1862 da un recensore della «Gazzetta del Popolo» che così definì, quei pittori che intorno al 1855 avevano dato origine ad un rinnovamento antiaccademico della pittura italiana in senso verista.
Al Caffè Michelangelo in Firenze, attorno al critico Diego Martelli, un gruppo di pittori dà vita al movimento dei macchiaioli. Questo movimento vorrebbe rinnovare la cultura pittorica nazionale. La poetica macchiaiola è verista opponendosi al Romanticismo, al Neoclassicismo e al Purismo accademico, e sostiene che l’immagine del vero è un contrasto di macchie di colore e di chiaroscuro, ottenuti tramite una tecnica chiamata dello specchio nero, utilizzando uno specchio annerito col fumo permettendo di esaltare i contrasti chiaroscurali all’interno del dipinto. L’arte di questi pittori consisteva “nel rendere le impressioni che ricevevano dal vero col mezzo di macchie di colori di chiari e di scuri”.

Il movimento dei Macchiaioli nasce di fatto nel 1856; affermando che la forma non esiste ma è creata dalla luce e che l’individuo vede tutto il mondo circostante attraverso forme non isolate dal contesto della natura quindi come macchie di colore distinte o sovrammesse ad altre macchie di colore, perché la luce colpendo gli oggetti viene rinviata al nostro occhio come colore.
Il colore, è per l’individuo l’unico modo di entrare a contatto con la realtà, che dovrà, per i macchiaioli essere restituita nel quadro come una composizione a macchie. (http://www.artemotore.com/macchiaioli.html )

Per ulteriori informazioni

Si parlerà dei seguenti artisti (segue una breve nota su ognuno di essi):
Giovanni Fattori,
Silvestro Lega,
Telemaco Signorini,
Adriano Cecioni,
Giovanni Boldini,
Giuseppe De Nittis,
Federico Zandomeneghi,
Raffaello Sernesi,
Antonio Puccinelli,
Odoardo Borrani,
Nino Costa,
Vincenzo Cabianca,
Cristiano Banti,
Giuseppe Abbati,
Serafino De Tivoli,
Vito D’Ancona.

Giovanni Fattori (Livorno, 6 settembre 1825 – Firenze, 30 agosto 1908). È considerato, insieme a Silvestro Lega e a Telemaco Signorini, tra i maggiori esponenti del movimento dei macchiaioli. Caso unico fra gli artisti più conosciuti, tutta la sua produzione pittorica nota è posteriore ai suoi quaranta anni.

Autoritratto
Descritto spesso come realista, fu in questo periodo che l’artista divenne un membro dei Macchiaioli, una corrente di pittori precursori dell’impressionismo.

Fattori è oggi considerato uno dei membri più notevoli di questo movimento artistico, mentre al suo tempo era considerato rivoluzionario o quanto meno poco credibile, secondo il punto di vista dell’epoca, piuttosto che espressione di un’avanguardia.

Si considerava egli stesso piuttosto un pittore di persone anziché di paesaggi: tuttavia queste figure erano generalmente poste in paesaggi fantastici e illusori che dimostrano la sua padronanza del colore sotto l’influenza della luce e delle ombre.

Silvestro Lega(Modigliana, 8 dicembre 1826 – Firenze, 21 settembre 1895).

È considerato, insieme a Giovanni Fattori e a Telemaco Signorini, fra i maggiori esponenti del movimento dei macchiaioli.
Autoritratto

Dal 1838 studia nel collegio degli Scolopi di Modigliana e, avendo mostrato una buona propensione al disegno, nel 1843 si trasferisce a Firenze per iscriversi all’Accademia di Belle Arti (Firenze) dove segue dei corsi. Tra il 1845 e il 1846 frequenta soltanto la scuola accademica di nudo, studiando privatamente nella scuola dove insegnavano alcuni pittori.

Quando Lega si unisce al gruppo dei macchiaioli è già passato dal quadro storico di sapore accademico a un forma di purismo fondata su un disegno essenziale, distinguendosi dagli altri macchiaioli per una poetica di sereni sentimenti quotidiani, per la sua adesione alla semplicità e agli affetti della borghesia di provincia e «se l’ispirazione è spesso addirittura descrittiva, l’espressione invece è riferibile all’incontro di un classico naturalismo con un sentimento schiettamente romantico» (Tinti) «un naturalismo a tal punto filtrato dalla fantasia, talmente privo di artifici retorici e ricco di umori, che lo si potrebbe definire “naturalismo poetico”» (Matteucci).

Nel 1865, Lega espose La nonna, dipinto già composto nel 1862, all’Accademia di Belle Arti di Firenze, in occasione delle celebrazioni del sesto centenario della nascita di Dante e della prossima scelta di Firenze a capitale italiana. Ma Lega non scelse un tema celebrativo bensì un soggetto intimo e domestico. «Nella sua energia inventiva del 1864 si potrebbe quasi parlare di una specie di disponibilità femmineamente passiva nel recepire le impressioni del mondo circostante, appunto costituito in gran parte da presenze di donne e bambini, con cui il colloquio è percettibile nelle sue cadenze più dolci. Più che di passività, si tratta però di un momento particolarmente introspettivo a cui inducono le stesse evenienze private» (Matteucci).

Telemaco Signorini (Firenze, 18 agosto 1835 – Firenze, 10 febbraio 1901).

Dopo aver frequentato la Scuola libera del Nudo all’Accademia fiorentina, e dopo aver dipinto dal vero con Borrani frequentò il caffè Michelangiolo. Fu il primo a illustrare le novità espressive della macchia e a interessarsi della pittura europea, che conobbe attraverso continui viaggi di studio.

Adriano Cecioni (Fontebuona, 26 luglio 1836 – Firenze, 23 maggio 1886)


Fu il solo artista dell’800 italiano per il quale il concreto operare si pose continuamente in relazione con una concezione teorica intesa a giudicarlo. Si può dire che egli conducesse all’estremo, sia nelle opere che nel pensiero, le posizioni e le contraddizioni implicate nel movimento realista intorno agli anni ’60. Cecioni ebbe un esordio classico e purista alla scuola di Aristodemo Costoli all’Accademia di Firenze, dove probabilmente apprese ad affrontare temi concettualmente elevati secondo l’uso accademico gravando l’immagine artistica di valori teorici e filosofici, dedicandosi in particolar modo alla scultura.

Giovanni Boldini (Ferrara, 31 dicembre 1842 – Parigi, 11 gennaio 1931).

Nasce, ottavo di tredici figli, da Antonio, nativo di Spoleto, e Benvenuta Caleffi. Giovanni Boldini era pittore di matrice purista, allievo di Tommaso Minardi (1787 – 1871), e restauratore. Si dice che, dotato di notevole tecnica, eseguisse buone copie di opere di Raffaello e di vedutisti veneziani. Dal padre, Zanin riceve, giovanissimo, i primi insegnamenti di disegno.

A Ferrara frequenta dal 1858 i corsi di pittura di Girolamo Domenichini, che col padre Gaetano fu autore degli affreschi accademici nel locale Teatro, e di Giovanni Pagliarini, tenuti nel Palazzo dei Diamanti. Qui ha modo di conoscere bene i grandi quattrocentisti ferraresi, oltre a Dosso Dossi e al Parmigianino.

La sua prima opera nota è Il cortile della casa paterna, un olio datato al 1855; seguono, datati alla fine degli anni Cinquanta, il suo Autoritratto a sedici anni e i ritratti del fratello Francesco, di Maria Angelini e di Vittore Carletti.

Giuseppe De Nittis (Barletta, 25 febbraio 1846 – Saint-Germain-en-Laye, 21 agosto 1884) è stato un pittore italiano appartenente alla corrente artistica del verismo e dell’Impressionismo.

Autoritratto

De Nittis, dopo il suo apprendistato presso il pittore barlettano Giovanni Battista Calò, si iscrisse nel 1860 all’Accademia di Belle Arti di Napoli sotto la guida di Mancinelli e Smargiassi, ma si mostrò disinteressato alle nozioni ed esercitazioni accademiche, per cui quattro anni più tardi fondò la Scuola di Resìna, corrente italiana sul tema del realismo. Nel 1867 si trasferì a Parigi dove conobbe Ernest Meissonier e Jean-Léon Gérôme e sposò due anni più tardi Léontine Lucile Gruvelle, che influenzerà notevolmente le scelte sociali ed artistiche del marito. Toccò il culmine della sua fama all’Esposizione Universale di Parigi del 1874 dove espose undici delle sue tele.

Federico Zandomeneghi (Venezia, 2 giugno 1841 – Parigi, 31 dicembre 1917) è stato un pittore impressionista italiano.

Dei tre “italiani di Parigi”, (con De Nittis e Boldini), Zandomeneghi è quello che ha avuto i legami più duraturi e profondi con l’ambiente impressionista e post-impressionista, partecipando ininterrottamente dal 1879 a tutte le mostre del movimento.

La vicinanza dei temi, come le immagini della toilette femminile, i paesaggi parigini, le figure in interno, sono solo un tassello, importante ma non esclusivo, di quella trama di suggestioni tra impressionismo e post-impressionismo, nelle quali si considera necessario inserire la sua arte.

La Parigi di Zandomeneghi non è la Parigi elegante, mondana e internazionale celebrata da De Nittis e Boldini, ma si racchiude nel quartiere bohèmien per eccellenza, Montmartre, dove l’artista viveva a fianco di Toulouse-Lautrec e della sua modella Suzanne Valadon.

Raffaello Sernesi (1838-1866) nacque a Firenze, figlio di un vinaio di San Frediano, ultimo di molti fratelli, si formò giovanissimo prima come apprendista presso un incisore di medaglie e poi fequentando la scuola libera di pittura di Ciseri fino al 1859, da cui trasse eleganze di sapore purista da lui mai dimenticate.

Raffaello Sernesi.jpg

 

Lasciò la scuola per problemi economici e nello stesso anno tentò di partire come volontario per la seconda guerra d’indipendenza, ma fu impedito dalla madre.

Continuò la propria formazione come autodidatta, esercitandosi sulla copia in disegno degli antichi maestri toscani.

Fu forse il 1860 l’anno in cui conobbe Telemaco Signorini, amicizia molto fruttuosa per il giovane. Si avvicinò così al movimento dei macchiaioli e seppur con uno spirito diverso dal materialismo di stampo positivista comprese subito il valore della sperimentazione macchiaiola, di cui condivise il metodo formale. La conversione religiosa, forse favorita dalle letture di alcune opere di carattere filosofico, lo spinsero a guardare il vero con sguardo mistico e questo influenzò per molti versi la sua opera.

Antonio Puccinelli (1822-1897)


Pittore toscano dell’Ottocento, considerato per il suo quadro Passeggiata del Muro Torto del 1852 un anticipatore del ‘movimento macchiaiolo’ così come Edouart Manet lo fu di quello ‘impressionista’. « Le indubbie doti di ingegno e di mano, per le quali Antonio Puccinelli fu apprezzato sia da studente che da accademico e che lo resero ben presto pittore di successo, non sarebbero state probabilmente sufficienti a fargli occupare la posizione oggi riconosciutagli nella storia dell’arte italiana del secolo XIX se non avesse avuto nel 1852, a Roma, la particolare condizione di mente e di spirito da cui nacque la straordinaria intuizione della Passeggiata del Muro Torto, opera sui generis che, a torto o a ragione, è stata vista come una sorta di anticipazione della “macchia”».

Odoardo Borrani (Pisa, 22 agosto 1833 – Firenze, 14 settembre 1905).

File:Borraniodo.jpg
Allievo all’Accademia di Firenze, orientato inizialmente verso una pittura di storia con forti rimandi al Quattrocento fiorentino. Studiò sotto la guida di Bianchi e Pollastrini.

Nel 1853 ai tavoli del Caffè dell’Onore, in Borgo la Croce, conobbe Telemaco Signorini con il quale nel 1859 partì volontario per le guerre di unificazione d’Italia.

Al suo rientro, pur ottenendo riconoscimenti per alcuni suoi quadri di impronta accademica, come La congiura dei pazzi, dipingendo con Signorini e Cabianca dal vero, addentrandosi nelle campagne di Pergentina e San Marcello Pistoiese, si orientò verso la ricerca macchiaiola, e si avvicinò in seguito alla poetica di Silvestro Lega e dal 1876 divenne sempre più descrittivo.
Giovanni Costa detto Nino (Roma, 1826 – Marina di Pisa, 31 gennaio 1903).
Leighton, ritratto di Nino Costa

Ritratto

Esponente di punta della pittura romana dell’Ottocento, Giovanni Costa ha contribuito al diffondere delle idee naturalistiche anche tra i membri del movimento pittorico dei macchiaioli.

 

 

 

Vincenzo Cabianca (Verona, 21 giugno 1827 – Roma, 21 marzo 1902).


Cabianca iniziò a dipingere nella natia Verona, continuando poi presso l’Accademia di Venezia e dal 1851 a Milano sotto la guida e l’influenza dell’Induno.
Nel 1858 aderì completamente alla poetica dei Macchiaioli, evidenziandosi per il marcato gusto chiaroscurale. Assieme a Cristiano Banti effettuò nel biennio 1959-1960 una lunga serie di studi nella località di Montemurlo, nelle vicinanze di Prato. In questo periodo le sue opere più emblematiche furono il Porcile e la Donna con un porco contro il sole, rilevanti per l’elemento realistico del soggetto ed i giochi di luce.

Negli anni sessanta del secolo, Cabianca si lasciò influenzare da elementi romantici e convenzionali oltre a farsi prendere la mano dalla sua abilità tecnica.

Cristiano Banti (Santa Croce sull’Arno, 1824 – Montemurlo, 1904) è stato un pittore italiano, figurativo di formazione accademica, esponente di spicco del movimento dei “Macchiaioli” toscani.

Ritratto di Cristiano Banti” dipinto da Giovanni Boldini nel 1865 circa. Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti a Firenze

E’ stato un pittore di formazione accademica neoclassica ben presto superata per avvicinarsi ai modi dei “Macchiaioli” con cui entrò in contatto dopo il suo trasferimento a Firenze nel 1854.

Dipinse prevalentemente quadri di soggetto storico, ma soprattutto dipinse per se stesso essendo di agiata condizione economica tanto da potersi permettere di ospitare nelle ville di Montorsoli e Montemurlo, ereditate dalla marchesa Vettori, artisti amici in difficoltà.
Giuseppe Abbati (Napoli, 13 gennaio 1836 – Firenze, 21 febbraio 1868)

Ritratto di Giuseppe Abbati (1865) di Giovanni Boldini.

Figlio del pittore Vincenzo, segue la famiglia prima a Firenze nel 1842 e poi a Venezia dal 1846 al 1858, dove forma la propria cultura artistica sia sotto la guida del padre che frequentando dal 1850 l’Accademia di Belle Arti con i maestri Grigoletti e Bagnara; qui conosce i pittori Vito D’Ancona e Telemaco Signorini.

Alla fine del 1860 si trasferisce a Firenze, frequentando il ritrovo artistico del Caffè Michelangiolo insieme con i pittori Telemaco Signorini, Vincenzo Cabianca, Odoardo Borrani, Vito D’Ancona, Serafino De Tivoli e il critico, collezionista e mecenate Diego Martelli; del 1861 è il dipinto Il chiostro di Santa Croce.

Serafino De Tivoli (Livorno, 1826 – Firenze, 1892)
http://www.racine.ra.it/europa/uno/esame2005/terzaa/sarah/immagini/Gruppo_macchiaioli.jpg
Macchiaioli in posa goliardica. Da sinistra seduti: Serafino de Tivoli, Saverio Altamura, Silvestro Lega, Ferdinando Bonamici. Da sinistra in piedi: Giuseppe Bianchi, ignoto, Cristiano Banti, Odoardo Borrani. (Collezione A. Gonnelli)

Allievo dei fratelli Markò Inizialmente eseguì soprattutto studi di paesaggi.

Lavorò nella campagna senese assieme a Lorenzo Gelati e Saverio Altamura, prendendo parte alla cosiddetta Scuola di Staggia.

Dipinse la realtà cosi come appariva, usando la tecnica della macchia, ma rimanendo, più di altri pittori macchiaioli, alquanto legato alle fusioni tonali dei pittori di Barbizon.

Nel 1864 andò a Londra, dove rimase alcuni anni, e nel 1873 si recò a Parigi per studiare il movimento degli Impressionisti. A questo periodo risale il suo capolavoro,

Vito D’Ancona (Pesaro, 12 agosto 1825 – Firenze, 9 gennaio 1884)


Cominciò il suo tirocinio artistico a Firenze studiando incisione presso Samuele Jesi, poi nel 1844 fu ammesso all’Accademia di Belle Arti, dove fu allievo di Giuseppe Bezzuoli. Condivise con l’amico Serafino De Tivoli la passione per la novità impressionista.

Nel 1850 frequentò i Macchiaioli che si ritrovavano al Caffè Michelangiolo a Firenze, soprattutto Signorini. Era lui che, colto e benestante, metteva al corrente gli amici delle novità culturali europee. D’Ancona raggiunse il successo con temi di vita comune trattati come all’epoca si trattavano i soggetti storici a Firenze, cioè con toni molto contrastati, di suggestione quasi espressionistica, oppure con l’uso di una luce non sfumata, di forte carica emotiva. Da segnalare anche i paesaggi, tipicamenti macchiaioli, o le scene storiche, dove le suggestioni impressionistiche si coniugano ad una rievocazione fantastica.

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